
“Fu crocifisso, morì e fu sepolto”.
Questa espressione, che ripetiamo nel nostro Credo, esprime la discesa di Cristo agli inferi, dopo la sua morte.
L’altro dubbio riguardava la possibile salvezza di coloro che erano vissuti prima di Cristo e di quelli che erano morti senza averlo mai conosciuto.
Possiamo affermare che Gesù, quando morì e scese negli inferi, incontrò tutti i defunti, morti prima di lui e che aspettavano la salvezza.
“Dio, nostro salvatore, vuole che tutti gli uomini siano salvati” (1Tm 2,4).
Per ciò che riguarda, invece, le persone vissute fuori dalla Chiesa e la loro salvezza, facciamo rispondere al professor W. Pannemberg, col suo libro “Il credo e la fede d’oggi”: “Se Dio si è rivelato appena in Gesù, se solo in lui è apparsa la salvezza per l’umanità, che ne sarà allora di tutti gli uomini che vissero prima che apparisse Cristo e che avverrà dei molti che non vennero mai a contatto col messaggio cristiano? (…) Tutti questi uomini sono incorsi nella perdizione? Rimangono esclusi per sempre dall’intimità con Dio, che è stata aperta all’umanità da Cristo? A questi interrogativi la fede cristiana risponde: “no”.
Questo è il senso della formula della discesa di Cristo agli inferi, nella professione di fede. Essa reca in sé questo senso: ciò che in Cristo è stato compiuto per l’umanità, vale anche per gli uomini che non sono mai venuti a contatto con Gesù e col suo messaggio o che non sono mai riusciti realmente a scorgere la verità della sua figura e della sua storia”, anche perché, chi non conosce Cristo si salverà per le opere che compirà, sentendone il richiamo nel proprio cuore.
“Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”, disse Gesù, riferendosi alla sua “esposizione” sul legno della croce e a cosa avrebbe significato per l’umanità intera.
Antonella Sanicanti