La storia del piccolo Abdullah raccontata sulle pagine di ‘Avvenire‘ è di quelle che fa stringere il cuore e fa gridare all’ingiustizia. Il bambino (di appena 2 anni) è nato con una malattia genetica al cervello che ha compromesso la sua capacità di respirare. I suoi genitori Ali e Shaima erano scappati in Egitto dallo Yemen prima che lui nascesse, rifugiandosi dalla guerra civile che dilania il Paese sin dal 2015 nella speranza di un futuro migliore per il bambino.
Purtroppo per loro il piccolo è nato con una malattia per cui gli ospedali di El Cairo non sono attrezzati al meglio. Dopo un lungo excursus burocratico il padre del piccolo ha ottenuto un permesso per portarlo in una clinica specializzata in California (entrambi possiedono la nazionalità americana): il San Francisco’s Benioff Oakland. Le visite ad Abdullah hanno confermato i timori dei genitori: il piccolo non ha alcuna possibilità di guarire e potrebbe morire da un momento all’altro.
Ricevuta la triste notizia Ali ha informato la moglie, la quale sta cercando in tutti i modi di ottenere un visto temporaneo per poter abbracciare il figlio prima che muoia. Al momento, però, i suoi sforzi sono stati vani ed il marito lotta strenuamente con il dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America per consentire alla moglie di dare un estremo saluto al loro piccolo. Disperato per la tragedia che sta vivendo Ali ha lanciato un appello pubblico nel quale tra le lacrime ha detto: “Mia moglie mi chiama ogni giorno, vuole baciare e abbracciare nostro figlio per l’ultima volta, non abbiamo più molto tempo, per favore aiutateci a riunire la nostra famiglia”.
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Luca Scapatello
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