Famiglia Cristiana lo storico settimanale è in crisi rischia la chiusura
Anche la rivista cattolica più diffusa al mondo ‘Famiglia Cristiana‘ non è esente dagli effetti della crisi. Il settimanale che a partire dal 25 dicembre del 1931 ad oggi si è saputo imporre come, il giornale cristiano di riferimento, arrivando a tirature milionarie, oggi ha dovuto rivedere le sue stime di vendita (circa 200 mila copie) e ridurre notevolmente il suo personale.
Proprio in occasione dell’ulteriore taglio al budget, i 33 redattori della rivista hanno indetto uno sciopero ed un digiuno simbolico contro la dirigenza. Secondo i giornalisti, infatti, la causa di questa crisi attuale sarebbe esclusivamente da attribuire ad una politica societaria fallimentare e miope: “Purtroppo l’autorevolezza e la qualità delle nostre riviste sono sempre più minacciate da una politica aziendale miope e di corto respiro che considera tutti i lavoratori, giornalisti e impiegati, soltanto una riga di costo del bilancio mortificandone la dignità professionale”.
L’accusa mossa dalla redazione è molto pesante ed arriva dopo un lungo colloquio con Padre Rosario Uccellatore, il responsabile editoriale delle congregazioni Paoline. La giornata di sciopero e digiuno è dunque un atto simbolico di protesta che serve a rendere pubblico il disagio dei lavoratori, costretti ad un lavoro privo di stimoli e riconoscimenti che rende la loro professione puramente meccanica. Che l’accusa sia diretta a chi gestisce il tutto è chiaro dal prosieguo del comunicato stampa in cui si legge: “Con questo digiuno vogliamo esprimere tutta la nostra preoccupazione per il futuro delle testate e dei nostri posti di lavoro e per denunciare l’accentramento di tutti i poteri e le funzioni nelle mani di una sola persona”.
La situazione professionale dei giornalisti della Periodici San Paolo, d’altronde, è davvero preoccupante: negli ultimi mesi tutto il personale ha subito un taglio dello stipendio, molti impiegati messi in cassa integrazione ed alcuni anche licenziati. Di fronte a questa situazione assumono ancora più vigore le parole che concludono il comunicato: “Di questo passo, fra qualche mese, anche percepire lo stipendio diventerà agli occhi dei vertici aziendali un odioso privilegio da estirpare in nome della crisi”.
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