Ezio Greggio come Babbo Natale riceve molte lettere, ma non parlavano di richieste e regali, perché, chi le scrive, un regalo lo ha già ottenuto.
La storia di Ezio Greggio e di queste persone comincia nel 1994, quando nasce il suo secondo figlio.
Il bambino, oggi adulto e sano, ebbe bisogno di una terapia intensiva neonatale, a causa dell’ingestione del liquido amniotico.
Fu allora che Ezio Greggio entrò in contatto con la neonatologia, la branca della medicina pediatrica che si occupa dei bambini nati prematuramente o con difficoltà.
La fragilità dei piccoli attaccati alle macchine suscitò in lui un sentimento paterno non comune, che diede origine ad un atto molto generoso, mai arrestatosi da allora.
Con l’Associazione Ezio Greggio creò una catena di donazioni per questo scopo.
Un’impresa non da poco, poiché una sola incubatrice costa 40-60 mila euro e la sua iniziativa, nel corso degli anni, ha contribuito alla salvezza di 15.000 neonati.
Ecco, ad esempio, la storia di un bambino che doveva essere trasportato da un ospedale marchigiano ad uno di Pavia.
L’ambulanza su cui viaggiava fece un incidente; l’autista e l’infermiera erano feriti, ma il bambino poté tranquillamente attendere i soccorsi, perché protetto dall’incubatrice che, munita di batterie, garantiva calore, ossigeno e monitoraggio continuo.
Quel bambino oggi ha venti anni.
“Volevo dirti, per chi non lo sapesse, che Ezio Greggio ha creato, qualche anno, fa una fondazione che dona soldi agli ospedali, per acquistare macchinari, per la divisione di terapia intensiva neonatale.
Lo so perché Federico, nei primi giorni di vita, era collegato a un respiratore donato da Ezio Greggio.
Ho visto i bambini scollegati dal monitor, perché altri bambini ne avevano più bisogno.
A Federico sono stati dati respiratori nasali, per alcuni giorni, invece di una maschera, solo perché le maschere erano finite”.
Antonella Sanicanti
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