La liturgia è iniziata con queste parole: “Tu sei l’idea contenuta nel seme che cresce, tu sei l’essenza di ogni germe: delle fiere e degli animali … d’ogni essere che vive. In essi ti esprimi e appari per la pura gioia della loro esistenza … tu sei la fonte gioiosa della materia … Aiutaci a credere in te e nelle creature in te, a credere nell’essere, a non curare le apparenze … Aiutaci a credere nello Spirito che prende forma nei corpi”.
E, nell’omelia, si proseguiva, affermando che “la condizione per prendere la Comunione non era la confessione, perché Dio accetta tutti come sono (…).
Ma il peggio è arrivato dopo, quando, al posto del Credo Apostolico, ci è stato fatto recitare un “credo” inventato da Michele Do”. Eccone alcuni stralci, che non parlano nemmeno dell’incarnazione del Bambin Gesù in Maria, per opera dello Spirito Santo: “Credo in Gesù Cristo, figlio di Dio e figlio dell’uomo, immagine visibile … dell’invisibile Dio”.
Poi, “anziché “beati gli invitati alla Cena del Signore”, ha recitato una formula del genere: “Beati voi tutti, anche peccatori, invitati alla cena del Signore”.
Dopo la Messa, la donna ha coraggiosamente affrontato il sacerdote, per ribadire quanto poteva essere fuorviante, per ogni fedele, parlare in quel modo e come queste modifiche rinneghino, in effetti, tutto ciò che, in centinaia di anni, la Chiesa ha tramandato, per bocca dei diretti Apostoli di Cristo.
Il sacerdote ha ribadito: “Oggi bisogna tradurre con le nostre parole, con il nostro linguaggio”. Ma quale linguaggio? Perché, invece, non si cerca di adeguare il nostro modo di parlare o di agire a quello di Cristo? Non è questo, forse, il senso della scelta di coloro che seguono la cristianità?
E, all’incalzare della donna che ribadiva che la fede cristiana non può essere personalizzata, il sacerdote ha detto: “la Chiesa, il Papa … la Chiesa sono io!”.
Antonella Sanicanti
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