Un gruppo di giovani vandali, blasfemi, si è scagliato contro un’innocente statua di Gesù Crocifisso. Il tutto è avvenuto tra risate e bestemmie.
Un gesto tanto assurdo, quanto triste. A Lizzano in Belvedere, un gruppo di giovani teppisti ha deciso di passare una “notte brava” sulla scia dell’alcolismo. Il blasfemo e assurdo gesto che ne consegue, arricchito da ricche risate, insulti e bestemmie, è non solo triste, ma fa anche pensare a quanto, troppo spesso, non ci si renda conto che Colui che ha patito la Croce, è un nostro amico e compagno nelle difficoltà.
Il folle e assurdo gesto è avvenuto, come riporta Aleteia, nella notte tra venerdì e sabato scorso. Un gruppo di sei giovani teppisti, compresi tra i 16 e i 19 anni, in chiaro stato di ebbrezza da alcol, si è scagliato contro una statua di Gesù Crocifisso, distruggendola a suon di risate e bestemmie. Uno di loro ha anche pubblicato le immagini del delirio sui social. I Carabinieri non hanno tardato a riconoscere almeno la maggior parte di loro.
Oltre all’assurdo gesto, c’è un aspetto che fa riflettere e rattrista ancor di più: il divertimento dei giovani vandali nel distruggere la figura di Gesù. Come ricorda la fonte, nell’operare questa assurdità, i ragazzi commentavano, divertiti, il tutto, con frasi come: “Gli ha spaccato la testa, gli ha spaccato la testa e un braccio” e giù di risate. Un altro ragazzo ha iniziato anche a recitare l’Ave Maria, per poi fermarsi e dire: “Ho fatto la scuola di suore … [parolaccia o bestemmia] … e non me la ricordo più. Sono vecchio”.
Ad intervenire, in maniera piuttosto immediata, sono stati i Carabinieri di Vergato, che sono riusciti a risalire, in maniera abbastanza semplice, ai giovani. Da quanto si apprende, al momento solo uno di loro ha chiesto pubblicamente scusa. Il ragazzo, infatti, la mattina seguente ha inviato una lettera di scuse al Parroco, rendendosi poi disponibile a ripagare i danni causati. Il gruppo ha poi voluto giustificare il folle gesto dichiarando che non c’erano intenti offensivi o blasfemi, ma si trattava di una bravata, sotto i fumi dell’alcol.
Ma una domanda sorge spontanea: perché, tra tanti oggetti, proprio la figura di Gesù? Perché non scagliarsi [e sarebbe stato comunque sbagliato, precisiamo] contro un qualsiasi altro oggetto? Di fronte a loro, quei ragazzi avevano “una vittima che non hanno saputo riconoscere come amico”. Ed è proprio questo il punto su cui è bene soffermarsi a riflettere. Troppo spesso oggi, chi si ferma a guardare il Crocifisso, non si rende conto che chi ha di fronte è il nostro amico più grande, quel Dio che, facendosi uomo, ha patito per noi il dolore più grande. E continua a patirlo, se non ce ne rendiamo conto.
Fabio Amicosante
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