Edith Stein: il significato di quella Settima Stanza – Video

La “Settima Stanza” è il film biografico che racconta l’affascinante storia di Edith Stein, Teresa Benedetta della Croce. Cosa c’è dietro a questo titolo?

Edith Stein spiega che il percorso ideale dell’anima – espresso da Santa Teresa d’Avila – attraversa sette dimore o sette stanze tutte con un loro significato.

La pellicola diretta da Márta Mészáros è del 1995. E’ stata  prodotta in Italia, Francia, Polonia e Ungheria. E l’interprete di Edith Stein è Maia Morgenstern, la stessa attrice che ricoprì magistralmente il ruolo di Maria nel film The Passion di Mel Gibson.

Chi era Edith Stein

Edith Stein nacque a Breslavia il 12 ottobre 1891. Città che fu tedesca fino al 1945. Poi gravemente danneggiata dai combattimenti per la sua liberazione, fu quindi incorporata dalla Polonia. Era l’ultima figlia di una famiglia ebraica. Fu una ragazzina ribelle che rifiutò le regole della religione ebraica e in età adolescenziale divenne atea. Poi la svolta.

In età adulta, un manoscritto di Santa Teresa d’Avila le rivelò la verità che tanto animatamente cercava. E si convertì al cattolicesimo. E così da brillante allieva del filosofo Husser, e poi filosofa molto stimata e di fama internazionale all’epoca, divenne poi monaca e teologa. La sua santa lotta per i veri diritti della donna e quella per introdurre il rapporto tra razionalità e fede la rendono un’icona del femminismo, quello autentico.

La Settima Stanza, film biografico su Santa Edith Stein

Il perché del titolo la Settima Stanza

Nel film, Edith spiega che secondo Santa Teresa d’Avila, il percorso ideale dell’anima attraversa sette dimore o sette stanze. La prima stanza racchiude un’anima incapace di sentire e parlare, prigioniera del mondo esterno. Allora inizia a interrogarsi, a conoscersi interiormente giungendo nella seconda dimora, dove l’anima lotta contro le tentazioni. Nella terza stanza l’anima si purifica tramite la meditazione. Nella quarta l’immaginazione affolla la mente e la conoscenza e la memoria sono un peso di difficile sopportazione.

Nella quinta dimora il mondo profano svanisce e l’anima rimane libera da ogni costrizione. La sesta dimora è dove l’anima lascia tutte le tentazioni e aspetta di accedere alla settima stanza, che però ancora non conosce. I passaggi sono simboleggiati dalle soglie che si chiudono continuamente dietro le spalle, attraverso abbandoni, rotture con il passato che determinano sofferenza. La cinepresa spesso indugia, difatti, su porte, cancelli, finestre e ostacoli che si mettono tra il mondo interiore e quello esteriore.

Il bellissimo film "la Settima Stanza, sulla vita di Edith stein
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Il film sulla vita di Edith Stein

Il film inizia col Battesimo di Edith Stein avvenuto il 1° gennaio 1922, che segna il passaggio di svolta nella sua vita da atea convinta a cristiana cattolica. Una conversione che le costò il rinnego da parte di sua mamma che non accettava la svelta della figlia che per lei era un disonore per la famiglia di fede ebraica. E ciò fu motivo di grandissima sofferenza per Edith che sperò fino all’ultimo nella riconciliazione con la madre. E che avverrà al raggiungimento della settima stanza piena di luce, che simboleggia l’ultimo passaggio della vita, oltre alla quale si individua l’abbraccio di Edith con la madre.

Il film mette in evidenza i primi segni della follia nazista. Edith assiste alla conversazione di un collega con un altro professore, a cui l’uomo confida la decisione di volersi divorziare dalla moglie perché è ebrea, in nome del buon esempio per il partito. Edith prova disgusto, dolore, rabbia e fugge. Poi cade. E la scena che la ritrae allungata per terra, con le braccia a forma di croce, simboleggia la sua vocazione a farsi simile a Colui che per primo ha rinnegato se stesso. E tra se e se, ripete le parole di Gesù “Chi non porta la sua croce e non mi segue non può essere degno di me  non può venire dietro di me” “Colui che mi vuole seguire deve rinnegare se stesso”.

Santa Benedetta della Croce
Santa Benedetta della Croce (photo websource)

La scelta del Carmelo 

Poi il flash back del ballo con l’uomo che amava, Hans, e il dolore della rinuncia al matrimonio per  seguire un amore più grande, quello per Cristo, a cui era chiamata.  L’inizio della persecuzione, a cominciare dal licenziamento al lavoro in facoltà a causa della sua identità di ebrea. E la paura della follia che si sta attuando in Germania. Segue la scelta di Edith di entrare nel convento della carmelitane a Colonia. Era il 1933. La straziante separazione dalla mamma che non accetta la sua decisione e non vuole più vederla. Edith nel Carmelo, soffre, lotta, non immaginava che fosse così duro e chiede aiuto al Signore. Che non glielo fa mancare. La Madre superiore la mette di fronte alla realtà del Carmelo dove si entra soltanto ed esclusivamente per vocazione, e non per ritirarsi dal mondo.

Edith attraversa il noviziato superando le prove soprattutto quella più dura del silenzio. E prende i voti definitivi. In un secondo tempo anche la sorella, Rosa, dopo la morte della madre, la raggiunge ed entra nel monastero col ruolo di guardiana. La Madre superiora temendo per la loro vita, nel 1938, era il giorno di santo Stefano, le manda via, in un luogo più protetto, nel Carmelo d’Echt in Olanda. Ma l’ombra nera del razzismo le raggiunge anche lì. Edith e Rosa vengono deportate. Lungo il tragitto, un ultimo incontro con Franz Heller, ex collega di studi e innamorato respinto, che si era schierato con i nazisti, che l’accusa ancora una volta di superbia. E a cui Edith, sentendosi prossima alla morte, chiede perdono.

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L’amore vince la morte

Edith muore il 9 Agosto 1942 nel campo di concentramento di Auschwitz, dove si offre al posto di una bambina evitandole la camera a gas. La scena finale, Edith oramai spogliata di tutto, è pronta per la vita eterna. E nell’abbraccio della madre, finalmente la riconciliazione tra loro. La vittoria dell’amore.

Simona Amabene 

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