Dopo due anni di carcere la giornalista anglo-iraniana riabbraccia la figlia

Dopo due anni di carcere la giornalista anglo-iraniana riabbraccia la figlia
(websource)

Due anni passati nel durissimo carcere di Evin a Teheran sono stati un’eternità per la giornalista anglo-iraniana Nanarin Zaghari-Ratcliff, oggi, grazie ad un permesso di 3 giorni, ha potuto riabbracciare la figlia.

Era l’aprile del 2016 quando Nanarin Zaghari-Ratcliff, manager della Fondazione Thomson-Reuters, si trovava all’aeroporto di Teheran per fare ritorno a Londra (dove viveva da 7 anni) dopo una vacanza a Damavan dalla famiglia d’origine insieme alla figlia Gabriella. Quel giorno, però, la giornalista non ha mai fatto ritorno a casa dal marito Richard perché la polizia di Teheran l’ha arrestata con l’accusa di spionaggio e propaganda contro il regime. Le forze dell’ordine avevano intercettato alcune mail che la donna aveva mandato durante un corso di giornalismo con la ‘BBC’ risalenti al 2009-2010, in cui pare siano stati trovati dei tentativi di formazione e reclutamento di giovani da affiliare ai dissidenti islamici.

L’accusa di spionaggio e la detenzione al carcere di Evin

Accusata di spionaggio e propaganda contro il governo, Nanarin è stata portata al carcere di massima sicurezza di Evin in attesa del processo in cui la pubblica accusa ha chiesto una pena detentiva di 5 anni. La donna ha sempre negato di avere rapporti con i dissidenti islamici e sopratutto di aver cercato di formare nuove reclute, ma ciò nonostante è stata trattenuta in carcere con prove deboli. Ci sono voluti due anni di contrattazioni tra il governo britannico e quello iraniano per ottenere 3 giorni di permesso da passare con la figlia Gabriella ed il marito Richard, ma alla fine gli sforzi del ministro degli Esteri inglese Hunt hanno avuto successo.

Uscita dal carcere Nanarin ha dichiarato ai media locali: “Ho pianto tanto quando ho saputo del permesso, non me lo aspettavo. Sono uscita dalla cella  tra i balli e i canti di tutte le altre detenute che facevano festa in mio onore”. Il permesso, però, è solo il primo passo verso la scarcerazione, vero obiettivo di Hunt e del marito Richard. Quest’ultimo combatte, col supporto del governo britannico, da anni una dura battaglia mediatica e legale per ottenere la scarcerazione della moglie e per questo motivo dopo l’ottenimento del permesso ha scritto sui social: “Ringraziamo tutti coloro che hanno reso possibile questo a Teheran e Londra e al nuovo ministro degli Esteri per tutti i suoi recenti sforzi”. Il ministro Hunt ha risposto ai ringraziamenti su Twitter, ribadendo la necessità che Nanarin venga definitivamente scarcerata.

Luca Scapatello

Impostazioni privacy