Quando il dolore è troppo forte, basta un gemito per chiedere aiuto a Dio

Ci sono dei momenti nella nostra vita in cui il dolore per un conflitto di affetti può essere talmente forte da non riuscire a trovare le parole adatte per pregare. Nel caso in cui vi trovaste in una situazione complicata come una separazione dal vostro coniuge o in aperto contrasto con un figlio che, una volta adulto, ha deciso di abbandonare la strada da voi tracciata per creare un percorso indipendente che procede in parallelo con il vostro, riuscireste a pregare con intenzione? Trovereste conforto nelle parole di un rosario? Oppure vi sembrerebbero vuote, incapaci di soddisfare il desiderio di senso che la vita vi ha portato via?

Immaginate adesso di essere in una situazione limite (purtroppo capita più spesso di quanto vorremmo), che vostro figlio nasca con una malattia congenita o che venga portato via dalla crudeltà del mondo, in questo caso riuscireste ancora a pregare? In queste situazioni il primo imputato diviene spesso lo stesso Dio, colpevole secondo la vittima del fato avverso, come che sia la volontà stessa di Dio ad averli privati del figlio. Come possono queste persone chiedere aiuto a chi ritengono colpevole del loro dolore?

In questi casi è bene chiedere la forza di pregare allo Spirito Santo, ma poiché in quei momenti le parole risuonano segni convenzionali privi di significato, spesso il modo più utile per chiedere aiuto sono i gemiti di dolore. In molti infatti ignorano che i nostri gemiti sono una delle più potenti forme di preghiera: il lamento è una forma potente di comunicazione, una delle più antiche e pregnanti, un espressione ancestrale che ci connota come esseri umani, fragili e bisognosi, incapaci di gestire il tutto con freddo calcolo ed imperturbabile sentimento. Proprio in momenti come questo, quando il dolore supera gli schemi sovrastrutturali imposti dalla società e ci fa per un istante infinito tornare ad essere creature di puro sentimento, Dio ci avverte con nitidezza e ci offre il suo aiuto per sanare le ferite dell’anima.

Ci sono diversi salmi nella Bibbia che sono trasposizioni musicali di gemiti, come ad esempio: “Sono stremato dai lungi lamenti, ogni notte inondo di pianto il mio giaciglio, irroro di lacrime il mio letto” (Salmo 6, 7) o “Afflitto e sfinito all’estremo, ruggisco per il fremito del mio cuore” (Salmo 38, 9)”. Sempre nei testi sacri viene confermato che il gemito dei figli viene ascoltato dal Padre che cerca di lenirne il dolore: “Allora Dio ascoltò il loro lamento, si ricordò della sua alleanza con Abramo e Giacobbe” (Esodo 2, 24).

Ma se è vero che il gemito è una forma di preghiera e che Dio lo percepisce in maniera talmente forte da voler offrire al figlio sofferente una cura immediata, cosa succede quando non si è nemmeno in grado di esprimere il proprio dolore in questo modo? Stando a quanto scrive San Paolo nella lettera ai romani, in questi casi è lo Spirito Santo che intercede per noi con Dio: “Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili”.

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