De Donno | Dopo la Russia anche gli Usa confermano: “Aveva ragione”

Dopo la Russia, arriva anche la seconda conferma dagli Stati Uniti per il compianto professore Giuseppe De Donno, uomo simbolo nel drammatico periodo della pandemia.

E purtroppo delle mancate autorizzazioni verso cure che avrebbero salvato la vita di moltissime persone. Quello che emerge da quest’ultima vicenda è che ora si riconosce che il prof. De Donno aveva ragione.

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L’ex primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova è stato per tanti, e lo è tuttora anche dopo la sua morte, simbolo di una lotta contro il Covid con metodi anche non convenzionali ma che avevano potenzialità enormi e che avrebbero fatte risparmiare moltissime vite. Parliamo della cura del plasma autoimmune, di cui De Donno ne aveva intuito per primo l’efficacia.

I duri attacchi contro De Donno e il dramma della morte

La sua ricerca infatti fin dal primo momento aveva permesso di curare numerosi pazienti affetti dal Coronavirus operando una trasfusione di sangue proveniente dai guariti dell’infezione. Fin dal primo momento il prof. De Donno venne duramente attaccato dai media che lo descrissero come una figura oscura e ambigua, con la comunità scientifica che arrivò addirittura ad attaccare le sue cure definendole non attendibili.

Ci fu addirittura uno studio condotto dall’Istituto superiore di sanità e dall’Aifa, Agenzia italiana del farmaco, che condotto dall’Istituto superiore di sanità e dall’Aifa, Agenzia italiana del farmaco, affermando che non vi sarebbero stati miglioramenti visibili sui pazienti. De Donno non si fece intimidire e denunciò il silenzio complice di media e della politica contro quanto stava accadendo nei suoi confronti.

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Nell’estate 2021 si tolse drammaticamente la vita. Ora, dopo la prima riabilitazione avvenuta negli scorsi mesi in Russia, arriva la conferma anche dagli Stati Uniti della piena bontà della sua cura, attaccata da tutti durante la pandemia. Uno studio della John Hopkins University condotto da David J. Sullivan, svolto su 1881 pazienti che hanno ricevuto una trasfusione entro i primi 6 giorni dall’insorgenza dei sintomi del Covid-19, ha infatti pienamente confermato l’efficacia del plasma iperimmune.

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La ricerca ha infatti evidenziato una diminuzione del rischio relativo vicino al 54% e una crescente efficacia se somministrato con tempistiche ancora più precoci. Le conclusioni sono del tutto chiare: “la somministrazione di plasma convalescente entro 9 giorni dall’insorgenza dei sintomi ha ridotto il rischio di progressione della malattia che porta al ricovero in ospedale”. 

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Non bastasse, nello studio si mostra come in confronto gli anticorpi monoclonali presentino forti svantaggi rispetto al plasma iperimmune, per le ragioni che sono “costosi da produrre, richiedono tempo per l’approvazione e potrebbero non essere ampiamente disponibili durante i picchi di infezione da Covid-19”. Uno studio, insomma, che riabilita pienamente la cura del dott. De Donno e la sua figura, quella di un medico eroe che si è battuto strenuamente per la giustizia e la verità, contro tante menzogne interessate.

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