Dante e la sua Commedia: un viaggio nei 3 regni dell’aldilà, mistico o letterario?

Il fascino della Commedia di Dante, ancora oggi, è preponderante

Ma è solo il capolavoro della lingua italiana, o anche altro?

Dante Alighieri
photo Istock

Il mondo della Divina Commedia, ancora oggi, a 700 anni di distanza, ci parla e ci suggerisce nuovi spunti di riflessione, laici o religiosi che siano.

Il perché del titolo Divina Commedia

La Divina Commedia: poema allegorico e non solo. Un poema che nasconde al suo interno particolarità che pochi conoscono, se non gli addetti ai lavori. Un poema che continua a parlarci tutt’oggi, che è oggetto e fonte di studio per molti professionisti.

Partiamo dal titolo: secondo il primo manoscritto ritrovato, il suo vero titolo è semplicemente “Commedia”; l’aggiunta dell’appellativo “Divina” (terminologia con la quale la conosciamo oggi) è stato dato da Giovanni Boccaccio nel suo Trattatello in laude di Dante, donandole così quel tono alto e religioso che l’opera stessa ha.

Il numero 3

Un viaggio in 100 canti, diviso in 3 cantiche, le strofe sono terzine, ogni cantica ha 99 canti (più il primo dell’Inferno a mò di introduzione), dove ha visitato i 3 regni dell’aldilà Il numero 3: il trino, la Trinità, la Trilogia, il tre ed i suoi multipli. Tutto ciò che ha a che fare con il numero della perfezione, è la base della struttura della Commedia. Questo ci fa anche assaggiare l’idea che, il sommo Poeta, abbia avuto non solo la fortuna del viaggio nei tre regni dell’aldila, ma anche di una probabile illuminazione divina.

Un viaggio, o meglio ancora un Itinerarium mentis in Deum: partire dal punto più basso e profondo della terra, quale l’inferno, e piano piano risalirvi, fino alla visione della Trinità, della luce immensa di Dio. I tre regni: nel centro della terra Lucifero, in linea retta al punto diametralmente opposto Dio. L’onnipotente che ha scaraventato il male assoluto, l’angelo ribelle nelle viscere della terra, provocando così l’incavo infernale, al cui polo opposto è comparsa la montagna del Purgatorio.

Ma perché Dante si smarrisce nella selva oscura a un certo punto della sua vita? C’è chi dice che lui sia arrivato ad un punto cruciale della sua vita in cui necessità di fare un po’ i conti con se stesso, chi parla di uno smarrimento interiore che lo porterà a perdersi in questa selva (metafora dello stato di angoscia di un uomo), dove incontrerà le tre fiere, segno di tre dei 7 vizi capitali che più angustiano l’animo umano: lussuria, superbia ed cupidigia. Un luogo oscuro, dove solo una luce può salvarlo…quello della coscienza e della conoscenza: Virgilio, poeta latino, simbolo di momentanea ripresa ma di necessità di intraprendere questo viaggio: “Andremo in un luogo dove sentirai orrende grida, in luoghi dove essere penitenti è bello poiché si aspetta la gloria delle beati genti, sino all’arrivo della luce più grande che tu possa conoscere”.

Le anime incontrate da Dante

In questo suo viaggio, perché Dante incontrerà tutte le anime ma parlerà solo con alcune di loro? Dall’inferno al purgatorio, Dante chiede, conosce, parla con Virgilio e con le anime dannate o penitenti. A loro cerca di domandare e capire perché sono lì e dalla risposta di alcune, capire anche il rimorso, il risentimento, la conoscenza del proprio peccato anche nei confronti di Dio. Solo alcune vogliono parlare direttamente con lui…perché forse, nel disegno divino di chi ha voluto che Dante compisse questo viaggio, così era scritto.

La profezia dell’avvento di Lutero

Alcune caratteristiche della Commedia sono anche di preannuncio ad eventi che avverranno molti scoli dopo. Secondo alcuni studiosi, l’incontro che nella selva oscura Dante ha con una delle tre fiere (il Veltro, simbolo di una rivoluzione probabilmente voluta da Dio) è vista come l’annuncio della venuta di Martin Lutero. Anagrammando, infatti, il nome VELTRO, ne esce fuori proprio LVTERO (con la U latina).

La visione di Dio

Dio: l’immenso, l’assoluto, tanto che Dante lo nomina solo 3 volte all’interno dell’opera. Ancora una volta il ritorno del numero perfetto. Ma non finisce qui. Dante sa bene che, da mortale quale ancora è, non potrà mai vedere e godere della luce di Dio come i santi del paradiso, ma nonostante tutto si piega alla richiesta di preghiera alla Vergine. Una richiesta accolta, data la compassione e la purezza d’animo del poeta: Dante è invaso da questa luce accecante che riuscirà a vedere solo per qualche istante, prima di svenire sotto il peso della grandezza di Dio.

Dante Alighieri

Natuzza Evolo e il dialogo con Dante

Il purgatorio: una montagna nata dallo scaraventare Lucifero nel centro della terra. La montagna dei penitenti che Dante, con l’aiuto di Virgilio sale e percorre, quasi a remissione di tutti i suoi peccati. Ma è anche il luogo dove, secondo il racconto fatto dalla veggente Natuzza Evolo, “Dante sia stato lì per oltre 700 anni, prima di raggiungere la beata gloria del cielo”.

La Commedia di Dante: un viaggio letterario, mistico, di attesa…che ha tutte le caratteristiche dell’appellativo “Divina”.

ROSALIA GIGLIANO

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