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Dante Alighieri dall’Inferno alla visione di Dio testimoniata da Natuzza

Dopo più di 700 anni, quanto è ancora forte il fascino del suo viaggio?

L’8 aprile 1300, Dante Alighieri partiva per inoltrarsi nella “selva oscura”. Iniziava così la “Divina Commedia” il cui fascino è senza tempo.

Dopo secoli, Dante Alighieri continua a stupirci con la sua Divina Commedia. Un capolavoro che offre uno spaccato dell’aldilà un viaggio che prende il via proprio nell’anno giubilare del 1300.

L’inizio del viaggio

Secondo alcuni riferimenti posti all’interno del suo scritto, Dante, nella notte fra il 7 e l’8 aprile del 1300 si smarrisce nella selva oscura, proprio durante il giubileo indetto da Papa Bonifacio VIII. Un momento estremamente particolare per il sommo Poeta, poiché da qui, da questo suo smarrimento interiore, ha inizio l’opera suprema per eccellenza della Letteratura Italiana.

Un viaggio che porterà Ser Dante a visitare i tre regni dell’aldilà, Inferno, Purgatorio e Paradiso, a conoscere ad una ad una le anima condannate, penitenti e sante accompagnato sempre da fedeli guide, quali Virgilio e Beatrice.

Il giubileo del 1300

Ma chi ci dice che questa sia la data esatta di questo smarrimento, di questo incredibile sogno? Studi fatti portano ad indicare approssimativamente questa data (attraverso informazioni storiche e letterarie su Dante), il 1300. È detto in modo chiaro che Dante inizi questo percorso durante il giubileo: a metà della propria vita, ogni uomo senti il bisogno di fare un po’ il punto della sua situazione e, a calcoli fatti, il 1300 era proprio il giro di boa della vita di Dante Alighieri.

Ma perché proprio i tre regni dell’aldilà? Una necessità pura e semplice di portare Dante a comprendere e a capire anche il suo smarrimento interiore…partire dall’Inferno, dove incontrerà le anime dei dannati alla pena eterna, di coloro ai quali la porta verso la salvezza è stata per sempre chiusa e che non si aprirà mai nemmeno il giorno del Giudizio Universale.

Parlerà, in Purgatorio, con le anime in bilico, con coloro che attendono di salire la montagna per essere accolti da Dio. Parla poi con coloro che lodano Dio e che vivono nella luce del Paradiso, uno dei momenti più complessi e difficili da capire per Dante, data la sua ancora natura mortale. Un momento in cui, oltre che i santi e Maria Vergine, anche Dio si mostra al poeta, ma Dante è ancora un peccatore e non riesce a sopportare l’immensità, la grandezza, l’onnipotenza della Luce di Dio.

La preghiera dell’umile Dante alla Vergine

Ciò che colpisce è l’amore, la forza, la volontà del poeta di non sottrarsi alla conoscenza. Poteva essere visto come colui che aveva avuto la fortuna di andare a vedere dal vivo e di toccare con mano ciò che ci aspetta dopo la morte. Ed invece no: Dante si è posto come un uomo non di conoscenza semplice, ma soprattutto come un uomo penitente, che resta terrificato dalle sofferenze dell’Inferno, ma resta invece estasiato dalla bontà degli angeli e dei santi che lo aiutano a comprendere e a capire il mistero di Dio.

Fino alla Beata Vergine Maria, che accoglie (anche se per bocca di S.Bernardo) la preghiera umile di un figlio che, seppure ancora mortale, desidererebbe guadare con i propri occhi l’immensità di Dio. Questo colpisce ancora di più: un uomo mortale che, data la sua semplicità e volontà di raccontare ai posteri, si lascia prendere dalle braccia di Dio, pur sapendo che non sarebbe mai riuscito a sopportare la visione del Padre.

Dante Alighieri e Natuzza Evolo

Eppure, la volontà di Dante sembra essere stata ascoltata da Dio. A confermare ciò è stata Natuzza Evolo, la mistica calabrese che, in un suo racconto, parla di aver incontrato l’anima di Dante, il quale le avrebbe rivelato di aver scontato una pena di 300 anni in Purgatorio prima di arrivare in Paradiso.

Qui sta l’immensità di Dante, qui sta la grandezza della sua opera.

ROSALIA GIGLIANO

Rosalia Gigliano

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Rosalia Gigliano

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