“Perdono e scusa. Perché non sempre diamo il buon esempio e parlo della fauna clericale”, così ha parlato il Pontefice, in occasione dell’udienza con la Curia romana, in concomitanza coi festeggiamenti per il Natale imminente.
“Chiusa (la Curia) in sé stessa tradirebbe l’obbiettivo della sua esistenza e cadrebbe nell’autoreferenzialità, condannandosi all’autodistruzione”. “Questo Natale ci apra gli occhi per abbandonare il superfluo, il falso, il malizioso e il finto e per vedere l’essenziale, il vero, il buono e l’autentico”.
Il messaggio di Papa Francesco riguarda, in primo luogo, tutti i prelati e coloro che lavorano nel Vaticano, perché siano accorti a ciò che comunicano ai fedeli e a ciò che dai fedeli viene loro richiesto.
“Superare quella squilibrata e degenere logica dei complotti o delle piccole cerchie che in realtà rappresentano – nonostante tutte le loro giustificazioni e buone intenzioni – un cancro che porta all’autoreferenzialità, che si infiltra anche negli organismi ecclesiastici in quanto tali e in particolare nelle persone che vi operano”. “Quando questo avviene si perde la gioia del Vangelo, la gioia di comunicare il Cristo e di essere in comunione con Lui; si perde la generosità della nostra consacrazione”.
La Curia romana è tenuta alla fedeltà, intesa come impegno nell’adoperare le proprie risorse per la Santa Sede: “Si tratta di una grave responsabilità, ma anche di un dono speciale, che con il passare del tempo va sviluppando un legame affettivo con il Papa, di interiore confidenza, un naturale idem sentire, che è ben espresso proprio dalla parola “fedeltà’”.”.
La sensibilità allora deve contraddistinguere chi è investito di questo speciale dono/responsabilità, per cogliere le domande, le richieste, i dubbi, le espressioni di gioia, come di dolore di tutti i devoti del mondo, di chiunque, e sottoporle all’attenzione del Papa e al vaglio della missione del popolo cristiano e di chi ne è a capo.
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