
Nel documento “Curare separati, divorziati e famiglie monoparentali” si parlava della famiglia tradizionale, dei divorziati e delle coppie di fatto.
Si proponevano temi controversi come il cammino penitenziale per la “presa di coscienza del fallimento e delle ferite da esso (il matrimonio e il suo termine) prodotte”, della possibilità di annullare alcuni matrimoni; come dell’”impegno alla comunione spirituale e alla decisione di vivere (il secondo matrimonio) in continenza”, se la prima possibilità non fosse stata plausibile; come del fatto che, insieme al parroco e al Vescovo, si decidesse l’accesso ai Sacramenti, dopo la valutazione del caso e il necessario discernimento su di esso.
Tutto questo, ancora oggi, è oggetto di discussione, in tutte le parrocchie italiane e non solo. Presuppone, ovviamente, che ci sia, da parte degli interessati divorziati, una volontà a ritornare alla fede, a voler vivere autenticamente la cristianità, pur non avendo potuto portare a compimento l’impegno preso nel matrimonio.
Il tutto si baserebbe su un’onesta ammissione della propria condizione e sulla volontà di affrontare le difficoltà relative alla situazione personale.
Lo stesso Sinodo affrontò anche la questione dei gay, affermando che pure per loro, e per la situazione che vivono, dovrebbe essere progettato e destinato, secondo le disposizioni ultime, un piano pastorale diocesano, che, in ogni caso escluderebbe, assolutamente, l’accettazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Antonella Sanicanti