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Crocifisso nelle aule, la scrittrice atea Natalia Ginzburg: “Fa parte della nostra storia”

Già nel 1988 si dibatteva sul tenere o meno il crocifisso nelle aule. All’epoca l’articolo della scrittrice atea Natalia Ginzburg è stato illuminante.

Peraltro l’articolo venne pubblicato sul ‘Manifesto’, giornale dichiaratamente di sinistra che all’epoca faceva da cassa di risonanza per il PCI.

Crocifisso nelle aule, discriminazione?

Abbiamo parlato diverse volte della questione Crocifisso nelle aule. L’argomento d’altronde torna di attualità ogni qual volta c’è un avvicendamento al governo ed in questo periodo si parla ancora una volta della necessità di rimuoverlo. Ma per quale motivo? Il crocifisso rappresenta una forma di discriminazione per chi non crede e per chi professa un’altra religione?

Nessuno, sia esso ateo o di una religione non cristiana, si sente minacciato dal Crocifisso. Ma questo concetto era chiaro già a fine anni ’80, quando la scrittrice di origini ebraiche (ma atea) Natalia Ginzburg, scriveva un articolo in difesa del Crofisso nei luoghi pubblici. Il suo pezzo iniziava proprio con lo sfatare la credenza che questo fosse offensivo per gli altri: “Non togliete quel Crocefisso. Il crocifisso non genera nessuna discriminazione.Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea di uguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo?”.

Perché il Crofisso rappresenta la storia di tutti

In una seconda parte dell’articolo, inoltre, la Ginzburg spiega per quale motivo quel simbolo della rivoluzione Cristiana non appartiene solamente ai cristiani. Se questi infatti danno un significato di redenzione dal peccato e di salvezza della propria anima, gli altri possono identificare in esso la sofferenza dell’essere umano: “Il crocifisso è simbolo del dolore umano. La corona di spine, i chiodi evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non conosco altri

segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo”.

Verso la fine dell’articolo la scrittrice ipotizza che qualcuno possa obiettare che nella storia ci sono stati tanti altri martiri. Nel farlo non nega che ci possano essere altre persone che meriterebbero di diventare simbolo, ma spiega per quale motivo Gesù Cristo li rappresenta tutti. Lo fa senza addurre motivazioni religiose, ma storiche e razionali: “Perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei, neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà tra gli uomini”.

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Luca Scapatello

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Luca Scapatello

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