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Nella crisi dei padri, riscopriamoci figli. La chiamata è per tutti

Nella crisi dei padri, i figli sono chiamati a porgere la loro mano. Nel dolore dell’incidente di Alex Zanardi, il figlio Niccolò di 22 anni ci mostra la strada tramite i suoi comportamenti.

Gesù Regno dei Cieli (photo Pixabay)

Mentre infatti la gente si chiede quale sarà il futuro del campione dell’automobilismo e delle discipline paralimpiche, il figlio Niccolò ha preferito dare una testimonianza non di parole, ma di gesti. Stringere la sua mano, oggi, nella prova del dolore, è il più grande esempio di carità cristiana.

Oggi siamo chiamati a porgere la nostra mano ai padri

“Io questa mano non la lascio. Forza papà, ti aspetto. Torna presto”, ha scritto sui social, a corredo della foto della mano del padre stretta in quella del figlio. La stessa mano che, tante volte, il Signore ci porge nelle difficoltà. Oggi però, in una società in cui la perdita della figura del padre, e del senso di paternità nelle sfide quotidiane, si va sempre più perdendo e sfilacciandosi, la vera sfida è quella di sentirsi nuovamente figli.

Figli di uno stesso Padre, quindi fratelli. “Le mani sono dei simboli, tante volte diventano anche rivelazioni: portano in alta definizione ciò che il cuore custodisce gelosamente”, scrive sul quotidiano Il Mattino di Padova don Marco Pozza, cappellano del carcere di Padova, autore per Rizzoli di “I gabbiani e la rondine”. Quelle mani sono anche le stesse di tanti figli che oggi, nelle difficoltà, perdono i suoi genitori.

Il figlio di Alex Zanardi, Niccolò, offrendo la sua vicinanza al padre ci mostra una testimonianza di come oggi, nella crisi dei padri, i figli sono chiamati a riscoprire la vocazione alla santità

La sofferenza del coronavirus che ha portato via tanti padri

Il coronavirus, ad esempio, ha spezzato tante vite. Tanti figli sono rimasti senza padri e madri. Di fronte al dolore, le mani dei figli, le azioni che compiono, i gesti che portano in luce la propria sofferenza, diventano testimonianza di amore. La Parola di Dio si fa carne tramite le nostre mani, nel modo in cui le muoviamo. Nel momento in cui decidiamo di unirle in preghiera, per affidare la scomparsa di un caro alla misericordia del Padre.

Quando i figli “prestano le mani ai loro papà”, “è la storia che si rovescia“, scrive il sacerdote. “Di solito sono le mani dei padri che (man)tengono quelle dei figli. Capita, però, che certe volte la vita scompigli le carte, costringendo i figli a diventare padri dei loro padri. Pare una beffa, eppure è la più intima delle rivelazioni: nessun uomo nasce padre, lo diventa il giorno in cui gli nasce un figlio”.

Papa Francesco e don Marco Pozza, cappellano del carcere di Padova

La storia si rovescia: i figli sono chiamati a dare un nome ai propri padri

In questi contesti, sono i figli a chiamare per nome i propri padri. Il dono della vita viene ricambiato con l’amore e la gratitudine fino in fondo. Si tratta cioè di “una contaminazione di regali, il padre dona la vita al figlio, il figlio dona la paternità al papà. In caso d’emergenza, poi, questa trasfusione di vita riappare in superficie: quando il padre vacilla, il figlio ricorda bene di come si è sentito quella volta che, da bambino, stava per cadere. E gli viene spontaneo ripetere la dolcezza di quel gesto primitivo”.

Il verbo mantenere, non a caso, indica “tenere per mano”. Parla di un aiuto, di un soccorso reciproco, una prova d’amore che è responsabilità e sacrificio. La vita umana diventa dono, strumento per l’amore del Padre che diventa carne e vita. “Anche ad un figlio, dunque, potrà capitare di dovere mantenere suo padre: è scritto nelle carte della vita”.

Figli e padri. Amare i propri genitori, un corridoio di luce

Quando le mani di un figlio vengono usate per assistere e amare i propri genitori, si trasformano in “corridoi attraverso i quali passa la luce, la riconoscenza, la speranza”, scrive don Marco. Come nel caso di Niccolò Zanardi, ora impegnato a tenere la mano del padre, mentre quest’ultimo sopravvive con la spina attaccata. “Un giorno diremo, col massimo rispetto per scienza ed affini, che quella mano ha fatto più dei ventilatori”.

La chiamata di Papa Francesco alla santità nell’esortazione Gaudete et exsultate

Anche con le proprie mani, a volte, si possono compiere miracoli. È la strada della santità quotidiana che ci indica Papa Francesco nell’esortazione apostolica “Gaudete et exsultate”, una “chiamata alla santità nel mondo contemporaneo”.

La chiamata alla santità vale per tutti, nel quotidiano

“Il Signore chiede tutto, e quello che offre è la vera vita, la felicità… Egli ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente”, scrive il Papa nel primo capitolo dell’esortazione, invitando ogni cristiano alla santità senza avere alcuna paura. “Non avere paura della santità. Non ti toglierà forze, vita e gioia. Tutto il contrario, perché arriverai ad essere quello che il Padre ha pensato quando ti ha creato e sarai fedele al tuo stesso essere”, afferma il Papa.

Scrive Papa Francesco: “Lo Spirito Santo riversa santità dappertutto. Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente”

Scrive ancora Francesco: “Lo Spirito Santo riversa santità dappertutto. Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere… Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio”.

Giovanni Bernardi

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