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Covid: il medico si trasferisce in chiesa per fare i tamponi rapidi

Le rimostranze ingiustificate di alcuni condomini verso il medico di base: “Non vogliamo qui gli infetti”. E il dottore è costretto a trovare una via d’uscita per il suo studio.

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Il dottor Coccia non si è perso d’animo e ha deciso di chiedere ospitalità alla parrocchia.

“Non vogliamo gli infetti qui”. E il medico trasloca

Troppe le rimostranze, anche energiche che il dottor Coccia ha dovuto affrontare nei suoi confronti presso lo studio medico, a Tor Bella Monaca a Roma, a causa di cui non ha potuto eseguire i tamponi. Quindi gli è stato impedito di svolgere la sua attività di medico, del tutto normale, vista l’emergenza Coronavirus e la pandemia che avanza.

Dante Coccia, medico di base di 61 anni, nel cosiddetto “Bronx” di Roma, non si è arreso. “Dottò, c’è troppo casino qui. Gli infetti sul pianerottolo non li vogliamo” – è stata una delle frasi che il medico si è sentito rivolgere.

Il sacerdote che lo ospita in parrocchia

Come fare per assicurare, comunque, i tamponi anti Covid ai suoi pazienti? Ha chiesto aiuto ad un sacerdote (poiché, molti dei suoi assistiti erano proprio i parrocchiani di questo sacerdote). Così “ha traslocato” presso una delle sale parrocchiali della Chiesa Santa Maria Madre del Redentore di via Cambellotti.

Vestito con la tuta di biocontenimento, ogni giorno si reca in parrocchia, nella sala a lui affidata e, grazie al sacerdote, è stato anche creato un percorso “diversificato” rispetto a coloro che entrano in chiesa per pregare. Da un lato il luogo di culto, da un altro la sedia del suo studio dove i pazienti si recano, in modo regolato, ed effettuano il tampone rapido.

LEGGI ANCHE: Coronavirus, Tampone Rapido: quanto costa e dove farlo nel Lazio

Il medico: “Non potevo fare i tamponi nel mio studio. Sarebbe successo l’impossibile”

Se avessi provato a farli nel mio ambulatorio, avrei scatenato il putiferio. Nel palazzo protestavano ancora prima che portassi i kit, tra giugno e luglio, subito dopo il lockdown. Mi dicevano che le scale erano sporche, che non volevano che la gente si fermasse sul pianerottolo, soprattutto chi rischiava di esser infetto” – ha raccontato il dottor Coccia.

Da qui la generosità del sacerdote: “Non ho avuto scelta, dovevo cercarmi un altro posto i tamponi” – ha concluso. E così è stato.

Fonte: ilmessaggero.it

ROSALIA GIGLIANO

Rosalia Gigliano

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Rosalia Gigliano

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