Covid, chat di medici che non si rassegnano: svelati gli errori nella cura

Una chat su Whatsapp di 200 medici è diventata una coraggiosa avanguardia nella cura del Covid, di fronte alla generale assenza di protocolli medici.

Covid, chat di medici che non si rassegnano
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I medici sono infatti tra i pochi a praticare terapie domiciliari e a curare i pazienti grazie all’idrossiclorochina, con risultati estremamente positivi. L’ideatore del gruppo, chiamato “Medici in prima linea”, è stato il medico di famiglia Andrea Mangiagalli, medico di Medicina Generale di Milano.

La chat in cui 200 medici condividono metodi innovativi contro il Covid

Mangiagalli già dal marzo scorso ha dato vita a una chat su WhatsApp con la dottoressa Laura Frosali. Che via via è diventata sempre più numerosa. In poco tempo infatti la chat è diventata uno strumento in cui i medici, sparsi per tutto il Paese, hanno cominciato a confrontarsi, condividere soluzioni, idee, approcci o aggiornamenti. 

Con idrossiclorochina, eparina e azitromicina subito a casa non abbiamo avuto un solo ricovero, l’Aifa tolga lo stop”, ha spiegato il medico al sito lanuovbq. “Noi medici di famiglia siamo la fanteria: la guerra si combatte casa per casa”. L’arma che i medici usano sul campo è quella dell’idrossiclorochina.

Covid, chat di medici che non si rassegnano
Il medico Andrea Mangiagalli – photo web source

Il grande errore dello stop all’idrossiclorochina nella cura del Covid

Il medico ha infatti spiegato anche che uno dei maggiori errori è stato lo stop all’idrossiclorochina a luglio da parte dell’Aifa. “Sospendere l’idrossiclorochina e dire che l’antibiotico non serviva e che l’eparina andava usata solo coi malati anziani, lasciarci senza tamponi… tutto questo ha spuntato le armi di tanti medici“, ha spiegato. Così la chat è nata per condividere queste impressioni molto critiche a quanto stava succedendo tutto intorno.

“Abbiamo caricato 3000 link di documenti su tutto quello che riguarda il Covid. È una rete di colleghi che da soli non sarebbero venuti a capo di questo caos”. Tra i vantaggi dello strumento c’è l’immediatezza delle risposte ai quesiti che vengono posti, o la possibilità di scambiare l’esperienza delle persone. Oltre anche a esami e immagini radiologiche.

Covid, la Medicina di base è stata lasciata senza mezzi

La Medicina di base infatti è stata esclusa fin dal primo momento nel contrasto alla pandemia, e questo ha rappresentato un problema. I medici di base sono stati tenuti ai margini, poi abbandonati senza alcuno strumento in mano. Paura, assenza di dispositivi, imposizione di terapie a base di tachipirina hanno caratterizzato l’approccio di gran parte di questi.

Covid, chat di medici che non si rassegnano
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Mentre in realtà avrebbero potuto rappresentare fin da subito una vera e propria trincea, “proprio nel nostro lavoro tempestivo e nella precocità di intervento terapeutico”, ha spiegato Mangiagalli. “Purtroppo, in questi nove mesi nessuno ha cambiato nulla, neppure le linee guida dell’Ordine e della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri”, è la denuncia.

La denuncia del medico: “Fino a due settimane fa non c’era idea”

E la verità, ha continuato, “è che fino a due settimane fa non c’è stata nessuna idea di che cosa dare ai pazienti”. Dal 23 marzo in poi però questo piccolo gruppo di medici ha creato un protocollo apposito per l’utilizzo dell’idrossiclorochina. Lo schema terapeutico è: HCL + eparina e azitromicina. “I risultati sono strabilianti, a cominciare dal fatto che i nostri pazienti non sono mai stati ricoverati”, spiega. “È stato un buon cocktail che non ha portato a ricoveri”.

Non ci sono mai stati effetti indesiderati gravi, e i medici tuttavia lasciano firmare un consenso informato al paziente per l’utilizzo della terapia. Nonostante questi risultati siano noti, però, ancona oggi continuano a non farsi studi per comprendere ufficialmente la capacità di curare i pazienti con questo farmaco. Senza considerare, purtroppo, la triste strumentalizzazione politica che è sorta dopo l’endorsement di Trump, fatta però sulla pelle delle persone.

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I medici hanno condiviso gli stessi risultati ottimi delle loro terapie

“Ci sono stati tanti medici che non si sono mai parlati tra di loro e che hanno avuto tutti gli stessi risultati. Per dire che non sono decisivi bisognerebbe dimostrare che ci siamo messi d’accordo e ci siamo scelti tutti gli stessi pazienti che sapevamo sarebbero guariti da soli”, spiega ancora.

Lo stesso risultato sorprendente emerge dalle cure a domicilio. “Curare gli ammalati a domicilio costa un decimo rispetto a un letto d’ospedale“. Per cui, nella lotta alla pandemia da parte dei governi “c’è un errore di strategia: quando devi combattere un nemico numeroso, non puoi usare solo i quattro cannoni delle retrovie, hai bisogno della fanteria d’assalto.

Solo il 10 per cento dei medici effettua cure domiciliari

Allo stesso modo se una malattia colpisce milioni di persone hai bisogno di migliaia di medici sul territorio che la intercettino. Se punti tutto sui medici delle rianimazioni hai già perso la battaglia perché in terapia intensiva non si cura più il covid, ma le sue degenerazioni spesso letali”.

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Purtroppo però ad oggi i medici che vanno a casa dei pazienti per curare il Covid sono al massimo il 10 per cento del totale. La speranza è che si prenda atto di questa realtà alternativa, e si passi all’azione nel modo migliore per la salute dei cittadini.

Giovanni Bernardi

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