Il Coronavirus ha cancellato il potere benefico di un sorriso

Il Coronavirus ci sta privando, specie in quest’ultimo periodo, di alcune delle nostre libertà. Potrà anche privarci della libertà di sorridere?

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Ormai nemmeno più fare batture, leggere fumetti o vignette a tema Coronavirus, ci fanno ridere. Uno studio ci rivela cosa è successo.

Il Coronavirus e la non voglia di ridere

La voglia di ridere, di divertirsi, di stare insieme in quest’ultimo periodo è minata dalla presenza costante e persistente del Coronavirus. La paura sta piano piano prendendo il sopravvento e, quindi, anche la voglia di scherzare sta venendo meno.

Una vignetta, un meme che abbiano come argomento principale il Coronavirus non fa più ridere a tutti. Forse ai giovani sì, ma alle persone più avanti in età non più. La voglia di sorridere sta diminuendo: questo è il risultato di uno studio effettuato da 3 ricercatori dell’Università di Pavia.

Lo studio dell’Università di Pavia: “Gli anziani ridono meno”

La ricerca è stata condotta su 1751 italiani, distribuiti su tutto il territorio nazionale. Il risultato? L’umorismo legato al Coronavirus è percepito come più disturbante, soprattutto con l’avanzare dell’età.

Questo risultato mostra come per le fasce a più alto rischio, ossia gli over 65, la reazione associata a questo tipo di umorismo sia una sensazione di fastidio più forte” – spiegano i ricercatori.

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E’ vero anche che, specialmente i meme, sono visti come le vignette più divertenti, quelle che, anche in una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo, riescono a strapparci un sorriso.

“Ridere: la seconda fase della pandemia ci ha tolto il gusto di farlo?”

Lo studio prosegue, anche, su un altro aspetto: “La sensazione di sentirci più esposti al contagio, amplifica le nostre emozioni. Nelle prossime settimane, lanceremo quindi la seconda parte dello studio che indagherà se e come l’apprezzamento dell’umorismo ispirato al Coronavirus è mutato rispetto alla prima fase della pandemia, insieme all’influenza di altri fattori personali, per esempio in relazione al numero di familiari e amici colpiti dal virus o alla paura del contagio da Covid-19” – concludono, per ora, i ricercatori.

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Come risponderanno, questa volta, gli italiani? Saranno più propensi a sorridere, magari anche un pochino in più, contro il nemico invisibile?

Fonte: agi.it

ROSALIA GIGLIANO

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