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Coronavirus: il plasma la cura che tutti aspettiamo? Parla l’ideatore

Nelle ultime ore si è cominciato a parlare di una terapia con il plasma che potrebbe rappresentare la svolta nella lotta al coronavirus.

L’ha spiegato il direttore della Pneumologia e dell’Unità di Terapia intensiva respiratoria all’ospedale Carlo Poma di Mantova, Giuseppe De Donno, in un’intervista al Corriere della Sera. De Donno ha raccontato che a un ragazzo ricoverato in terapia intensiva, a causa del coronavirus, è stata somministrata questa terapia a base di plasma. La situazione stava precipitando, ma dopo sole 24 ore il ragazzo stava bene e non aveva nemmeno più la febbre.

La commozione del medico

Il medico mentre parla, riporta l’intervistatore, si commuove. L’emotività di tutti questi mesi si fa sentire e nel raccontare una notizia così bella non è facile trattenersi. “Lo abbiamo svezzato dal ventilatore. È un ragazzo arrivato qui senza altre patologie oltre al Covid, doveva essere intubato e invece fra due giorni lo potremo restituire ai genitori. Sta così bene che poco fa mi ha mandato un messaggio scherzoso sul telefonino”.

De Donno è uno dei pochi medici che sta sperimentando l’unica cura antivirus che al momento sembra funzionare. “Noi qui a Mantova, assieme all’ospedale San Matteo di Pavia, abbiamo appena chiuso la prima sperimentazione partita all’inizio di aprile su un gruppo di pazienti critici. Francesco è arrivato fuori tempo massimo ma lo abbiamo arruolato lo stesso. Un centinaio di pazienti in tutto trattati con il plasma iperimmune, cioè che viene dal sangue di pazienti che sono stati contagiati e sono guariti”, spiega.

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Al momento si afferma che sia l’unica cura funzionante

Il risultato è indiscutibile, afferma il medico al Corriere. “La cura funziona. In tutto questo mese non abbiamo avuto decessi fra le persone trattate. Solo pazienti che sono migliorati fino a guarire oppure che si sono stabilizzati. Nessuno si è aggravato. Non è più aneddotica: abbiamo testimonianze e decorsi clinici di tanti pazienti. Abbiamo sottoposto tutto alla comunità scientifica, siamo in attesa di pubblicazione”.

Tuttavia il medico resta cauto nel non alimentare false speranze. Se la malattia ha infatti già compromesso la funzionalità degli organi, “non c’è plasma che tenga. In quel caso la mortalità resta alta perché la virosi non c’è più e quindi non è più il virus il nemico ma sono i danni prodotti dal virus. Per questo i pazienti molto gravi non possono essere arruolati nel nostro protocollo di ricerca”.

Si spera in sviluppi successivi

Il protocollo è stato ideato da Cesare Perotti e Massimo Franchini, direttori di immunoematologia e Medicina Trasfusionale a Pavia e Mantova. L’idea, racconta, è nata “un giorno di fine febbraio, è nata da un ragionamento che stavamo facendo io e il dottor Salvatore Casari che dirige Malattie Infettive qui a Mantova”.

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E gli effetti positivi della cura sono testimoniati dagli stessi pazienti. “Sono loro che ci dicono che il miglioramento è immediato; scompare la febbre, in alcuni casi scompare la tosse in modo istantaneo, i parametri respiratori funzionano. Ci raccontano di avere la sensazione di acquisire fin da subito un po’ di forza e benessere”.

La chiamata dagli Usa e i dubbi in Italia

Diversi paesi ora stanno seguendo la stessa strada, e anche altri centri in Italia. Un funzionario dell’Onu se ne è interessato e ha chiesto informazioni al medico. Affermandogli che “useranno anche loro il nostro protocollo, ci hanno fatto i complimenti. È stato emozionante, non sono riuscito a trattenere le lacrime”, ha spiegato.

Diversa è stata la risposta dall’Italia. “Abbiamo provato a contattare il ministero della Salute ma è stato inutile. Nessun segnale nemmeno dall’Istituto Superiore di Sanità. Per ora stanno alla finestra”.

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Tuttavia i donatori cominciano a farsi sentire, si sta pensando a una banca del plasma per aiutare gli ospedali e ad una seconda sperimentazione. E De Donno ha confidato: “Spero di cuore nella creazione di un centro di ricerca sul plasma a Mantova”.

Giovanni Bernardi

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