Coronavirus: non solo la CEI, tutte le religioni attaccano Conte

Non solo la Chiesa italiana, ma anche le altre religioni premono tutte insieme per la riapertura del culto dopo le restrizioni per il coronavirus. 

Religioni sono tutte contro Conte

Facendo sentire la propria voce, prima dell’inizio della fase due. Dopo la presa di posizione dei vescovi italiani, e il dietrofront del Presidente del Consiglio che sta studiando un ritorno alla possibilità di celebrare la Mesa, tutte le comunità religiose presenti in Italia hanno a loro modo fatto capire al premier Conte che c’è un desidero, talvolta una necessità, di tornare alla preghiera.

La voce di tutte le religioni

“C’è stata una scarsa attenzione alle esigenze delle minoranze religiose”, ha affermato il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia Luca Maria Negro. Nigro ha spiegato che la comunità evangelica ha compreso le cautele del governo ma che allo stesso tempo Conte “deve capire la vita di fede delle comunità”. Per questo la richiesta è quella di “un protocollo ad hoc, dove venga calendarizzato un percorso preciso”

“La Chiesa non è un luogo fisico ma una comunità di credenti che vive nella comunione in Cristo, anche quando i templi sono chiusi, nello stesso tempo ci auguriamo che quanto prima sia possibile tornare a vivere anche la comunione fraterna nell’incontro fisico con i fratelli e le sorelle”, ha affermato Nigro.

Il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia Luca Maria Negro riceve i bimbi arrivati in Italia con i corridoi umanitari

Le richieste della Chiesa evangelica

Nei giorni scorsi poi la stessa Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato, di cui Nigro fa parte assieme ai pastori Carmine Napolitano e Davide Romano, ha scritto al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese chiedendo l’esercizio del diritto alla libertà di culto. Il riferimento è quindi alle esigenze della comunità che rappresentano ma anche più in generale a tutte le fedi religiose, comprese quelle di minoranza.

“Vogliamo rispettare e garantire pienamente tutte le norme di sicurezza, distanziamento sociale e di contrasto alla pandemia”, ha assicurato. Sottolineando, tuttavia, di avere voluto mettere in primo piano “il rispetto alla libertà di culto sancita dalla Costituzione”.

Le comunità disperse nel territorio legate alle diverse religioni

“Come tutte le minoranze siamo comunità estremamente disperse sul territorio”, ha spiegato il pastore. Ragione che li porta a chiedere, per i ministri del culto che hanno in carica comunità pastorali dislocate sul territorio, la possibilità di spostarsi. Richieste indicate anche nella lettera.

Foto LaPresse – Il ministro dell’interno Luciana Lamorgese

Che sono, in particolare, “la necessità di consentire quanto prima la ripresa dei culti pubblici, sia pure in modo contingentato“, e “la possibilità per i fedeli di raggiungere i luoghi di culto, talvolta distanti dalle abitazioni, con relativa autocertificazione”.

La voce della comunità ebraica

La stessa richiesta arriva dal Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. Che ha voluto soffermarsi, piuttosto che sui diritti, sulle esigenze dei fedeli e dei cittadini. E quindi sulla loro “armonia dello spirito con il corpo”.

“Il governo sta prendendo in questi giorni decisioni gravi e difficili, ma non dovrebbe trascurare le esigenze spirituali delle collettività religiose, ciascuna con le sue specificità”, ha così fatto notare Di Segni. Collettività che sono quelle “che garantiscono, insieme alle altre, la tenuta sociale e lo sviluppo”.

Il Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni con Papa Francesco

Le religioni vogliono tornare alla preghiera

Infatti, è chiaro a tutti che la “situazione sanitaria è ancora allarmante come la prospettiva di disastri economici e sociali che ne deriveranno”. E che per questo “abbiamo tutti l’obbligo di rispettare le regole di salute pubblica”.

Nel concetto più ampio di salute, però, per Di Segni, c’è anche la possibilità di praticare il proprio culto, per permettere così ai singoli e alle comunità di curare “anche l’armonia dello spirito con il corpo. Esistono modi per garantire accessi sicuri e riunioni di preghiera nel rispetto delle norme sanitarie”.

Le comunità islamiche e il Ramadan

Norme e misure ben precise per poter tornare a pregare in sicurezza sono state chieste anche dall’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, l’Ucoii. Il cui presidente Yassine Lafram, che ha sottolineato di volere comunque rispettare le disposizioni ministeriali, ha posto l’accento sull’importanza del rispetto delle stesse per superare l’emergenza.

Il presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia – Ucoii, Yassine Lafram, con l’arcivescovo di Bologna, il cardinale Matteo Zuppi

Ma che allo stesso tempo chiede anche “fermamente che vengano messe a disposizione il prima possibile delle misure ad hoc che permettano ai fedeli di partecipare alle preghiere congregazionali in condizioni di sicurezza”. “Basta con questa vaghezza, senza certezze per i nostri fedeli che stanno vivendo il Ramadan in lutto”, ha affermato Lafram.

La difficoltà di vivere il Ramadan

La richiesta del presidente dell’Ucoii è quella di dare vita a “protocolli che regolarizzino le preghiere nei centri di culto in tutta sicurezza”. L’esortazione di Lafram, tuttavia, è anche rivolta a tutti i presidenti e referenti delle Comunità islamiche italiane, e chiede di “mantenere responsabilmente i centri di culto chiusi fino a nuove direttive da parte del governo”.

Per i musulmani infatti “il Ramadan in quarantena, senza le consuete preghiere di comunità, è difficile e inusuale”, ha spiegato. Ne “siamo consapevoli”, ma allo stesso tempo “dobbiamo continuare a essere pazienti per tutelare la vita dei più deboli e tornare alla normalità quanto prima”.

Papa Francesco incontra una delegazione buddhista

L’appello dei buddhisti

Si fa sentire, infine, anche l’Unione Buddhista Italiana, che tuttavia richiama tutti alla pazienza e all’obbedienza verso quanto stabilito dalle autorità governative. Lo ha fatto attraverso alcune parole di Papa Francesco, pronunciate durante la messa a Casa Santa Marta.

“Ci sono luoghi di culto che prescindono dai luoghi fisici. Questo è quindi il momento di raccogliersi in preghiera dentro di sè”, ha affermato il presidente Filippo Scianna. “Poi, laddove ci saranno le possibilità anche esterne per riunirsi e celebrare i vari riti, saremo tutti pronti a ripartire”.

Il bisogno di preghiera

Insomma, il bisogno di tornare alla preghiera e al culto si fa sentire per tutte le comunità religiose in Italia. Segno della durezza dei tempi e delle volontà di ritornare a vivere, ciascuno le proprie vite. Che ricorda la toccante preghiera interreligiosa che si è svolta a Gerusalemme contro il coronavirus, da fratelli che desiderano un mondo di pace di armonia, anche tra le fedi.

Coronavirus Gerusalemme

E sicuramente, che vogliono vedere la fine di questo terribile virus che ci sta tenendo chiusi in casa.

Giovanni Bernardi

Fonte: agi.it

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