Contro il male della prostituzione si alza una voce autorevole

Il racket delle “schiave del sesso” non esisterebbe se non ci fosse una “domanda” di sesso mercenario: gli uomini che vi ricorrono sono responsabili di una vera e propria “tortura” ai danni di queste donne sventurate.

La pandemia ha forse ridotto il numero di “lucciole” sulle strade. Il problema della prostituzione, tuttavia, rimane più che mai in piedi, pur manifestandosi in forme diverse rispetto al recente passato.

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Numeri agghiaccianti

I dati forniti dal Codacons parlano chiaro: ogni anno il business dell’“amore mercenario” coinvolge 90mila donne e circa 3 milioni di clienti. Alla fine del 2020, primo anno di Covid, il giro d’affari si è attestato sui 4 miliardi di euro.

I vari lockdown e restrizioni hanno impedito alle prostitute di esporsi per strada. In compenso è esplosa in modo impressionante la prostituzione online (+60% rispetto al 2019), con un florilegio di annunci sul web e di siti d’incontri.

Delle 90mila “lavoratrici” stabili, il 10% sono minorenni e il 55% sono straniere, provenienti in particolare dall’Africa e dall’Europa dell’Est. Il fenomeno davvero nuovo (e inquietante) è l’ascesa delle operatrici occasionali, che si prostituiscono sul web per “arrotondare” un reddito basso.

Altre, in particolare le più giovani, mettono in vendita il loro corpo per soddisfare i loro capricci (abiti griffati, vacanze, ecc.). Le tariffe vanno dai pochi euro per le videochiamate hot ai 500 euro richiesti dalle escort di lusso.

Papa: prostituzione frutto di una “mentalità malata”

Ci è andato giù duro anche papa Francesco, in occasione della sessione preliminare che anticipò il Sinodo sui giovani. Era il 19 marzo 2018, il Santo Padre rispose alla domanda di una ragazza nigeriana, ex vittima della tratta riguardo alla reale capacità della Chiesa di affrontare la questione.

Il problema è grave – disse –. Voglio chiedere perdono a voi, alla società, per tutti i cattolici, i battezzati che fanno questo atto criminale”. Il Pontefice ribadì, quindi, che andare con una prostituta “non è fare l’amore” ma equivale a “torturare una donna”.

È necessario, aggiunse il Papa, sradicare la “mentalità malata” per la quale “la donna va sfruttata”. Ricordando le raccapriccianti sevizie che subiscono le ragazze africane o moldave avviate alla prostituzione in Italia, Francesco rincarò la dose: “Io penso allo schifo che devono sentire queste ragazze quando gli uomini le fanno fare delle cose”.

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Un “vizio schifoso”

Francesco ha affrontato lo spinoso tema anche nella sua prefazione al libro Donne crocifisse. La vergogna della tratta raccontata dalla strada (Rubbettino), di don Aldo Bonaiuto.

Qualsiasi forma di prostituzione – scrive Bergoglio – è una riduzione in schiavitù, un atto criminale, un vizio schifoso che confonde il fare l’amore con lo sfogare i propri istinti torturando una donna inerme”.

La prostituzione, prosegue il Santo Padre, è “una ferita alla coscienza collettiva, una deviazione all’immaginario corrente. È patologica la mentalità per cui una donna vada sfruttata come se fosse una merce da usare e poi gettare. È una malattia dell’umanità, un modo sbagliato di pensare della società”.

Durante il Giubileo straordinario del 2016, in occasione di uno dei Venerdì della Misericordia, il Pontefice fece visita ad una delle case d’accoglienza della Comunità Papa Giovanni XXIII, dove ascoltò i racconti di alcune donne sfuggite all’inferno della tratta.

In quell’occasione, il Papa sentì “l’esigenza di chiedere loro perdono per le vere e proprie torture che hanno dovuto sopportare a causa dei clienti, molti dei quali si definiscono cristiani. Una spinta in più a pregare per l’accoglienza delle vittime della tratta della prostituzione forzata e della violenza”.

La lungimiranza di don Benzi

I pochi numeri pocanzi elencati sono la conferma di un fenomeno in crescita. La crisi economica senza fine, unita alla solitudine e al vuoto esistenziale di uomini e donne single sempre più numerosi, sono le prevedibili cause.

Non è chiaro quanto i cambiamenti degli ultimi anni abbiano inciso sul risvolto più drammatico, ovvero lo sfruttamento delle “schiave del sesso”. Se quest’ultimo rappresenta un surplus di violenza e di umiliazione nei confronti delle donne, non si può affatto dire che la prostituzione consenziente e svolta “in autonomia” sia eticamente accettabile.

Il servo di Dio Don Oreste Benzi (1925-2007), di cui è nota a tutti la benemerita opera di riscatto a beneficio di centinaia di donne sottratte alla strada, una ventina d’anni fa lanciò una proposta di legge per sanzionare penalmente i clienti delle prostitute.

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È giusto e necessario seguire questa strada perché andando con una prostituta, soprattutto con quelle vittime della tratta, il cliente paga il criminale per tenergli segregato un corpo sul quale sfogare i suoi istinti anche perversi”, ribadì don Benzi un anno prima di morire.

Il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII si rifaceva al principio espresso dalla convenzione ONU del 1951, che, recepita in Italia con la legge n°76/1966, che definisce la prostituzione e il relativo sfruttamento come azioni “incompatibili con la dignità ed il valore della persona umana”, in quanto “mettono in pericolo il benessere dell’individuo, della famiglia e della comunità”.

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