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Coronavirus, Conte: riaprire le attività non è la fine dell’epidemia

In settimana è previsto l’annuncio del piano di riapertura del paese a partire dal 4 maggio, ha detto Conte. Tuttavia, dovremo comprendere che la fine del lockdown non corrisponderà alla fine dell’epidemia.

Sarà infatti il passaggio alla fase due, ovvero al momento in cui saremo chiamati a convivere con il virus. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha spiegato che in queste ore il governo sta lavorando, assieme alla squadra di esperti, alla gestione di questo delicato passaggio. Che verosimilmento potrebbe verificarsi dopo la fine delle restrizioni prevista per il 3 maggio.

Conte: riaprire tutto sarebbe irresponsabile

Oltre alla durezza dell’isolamento di gran parte della popolazione, anche le aziende hanno bisogno di ripartire al più presto, altrimenti rischiano la chiusura. “Mi piacerebbe poter dire: riapriamo tutto. Subito. Ripartiamo domattina”, “ma una decisione del genere sarebbe irresponsabile“, ha detto Conte. “Farebbe risalire la curva del contagio in modo incontrollato e vanificherebbe tutti gli sforzi che abbiamo fatto sin qui. Tutti insieme”.

Per questo il governo ha ammesso che non è ancora possibile “abbandonare la linea della massima cautela, anche nella prospettiva della ripartenza”, per lasciare il posto a “decisioni estemporanee pur di assecondare una parte dell’opinione pubblica o di soddisfare le richieste di alcune categorie produttive, di singole aziende o di specifiche Regioni”.

Conte: l’allentamento delle misure ha bisogno di un piano

Al contrario, “l’allentamento delle misure deve avvenire sulla base di un piano ben strutturato e articolato”. La riapertura avverrà cioè “sulla base di un programma che prenda in considerazione tutti i dettagli e incroci tutti i dati”

In caso contrario, “l’allentamento porta con sé il rischio concreto di un deciso innalzamento della curva dei contagi e dobbiamo essere preparati a contenere questa risalita ai minimi livelli, in modo che il rischio del contagio risulti tollerabile soprattutto in considerazione della recettività delle nostre strutture ospedaliere”, ha spiegato ancora il Presidente del Consiglio.

Dopo la riapertura bisognerà monitorare gli spostamenti

Conte ha spiegato che non si può solamente pretendere il rispetto del protocollo di sicurezza nei luoghi di lavoro da parte delle singole imprese, perché ci sono da controllare anche i flussi dei lavoratori negli spostamenti da casa al lavoro. Che presentano diverse intensità a seconda della zona. L’obiettivo è quello di evitare affollamenti, oppure di incentivare il ricorso a mezzi di trasporto alternativi.

Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus (Websource/Archivio)

E il programma dovrà avere un carattere nazionale, in cui si preveda un ripensamento di queste dinamiche. Sulla stessa onda, le parole del direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus.

Conte: la fine delle restrizioni non è la fine dell’epidemia

“Vogliamo ribadire che allentare le restrizioni non rappresenta la fine dell’epidemia in nessun paese. La fine dell’epidemia richiederà no sforzo costante da parte di individui, comunità e governi per continuare a reprimere e controllare il virus”, ha spiegato Ghebreyesus.

“I cosiddetti lockdown possono aiutare a smorzare l’epidemia, ma non possono farcela da soli. I Paesi devono ora assicurarsi di poter rilevare, testare, isolare e curare ogni caso e rintracciare ogni contatto”. L’Oms ha affermato di vedere positivamente lo sviluppo dei test sierologici per lo studio degli anticorpi, così da riuscire ad avere un monitoraggio migliore dal punto di vista del contagio.

L’Oms: solo una piccola percentuale ha gli anticorpi

“I test che rilevano il virus sono uno strumento fondamentale per la ricerca, la diagnosi, l’isolamento e il trattamento di casi attivi”, e “i dati preliminari che abbiamo raccolto segnalano che una percentuale relativamente piccola possiede gli anticorpi, anche nelle zone più colpite dall’epidemia”, ha spiegato.

L’Oms ha poi rivelato di avere migliaia di sequenze virali disponibili e che in questo momento i ricercatori sono allo studio su ognuna di queste, al fine di comprendere quali sono state le modifiche del coronavirus e come sta ancora cambiando, cercando di capire anche quale sia la stabilità del virus.

I cambiamenti del virus e i vaccini allo studio

Il virus infatti “compie i normali cambiamenti che un virus compie e che ci aspettavamo. Questa è una buona notizia per lo sviluppo di un vaccino”, ha concluso, durante la conferenza stampa a Ginevra dell’Oms, il responsabile tecnico per il coronavirus del programma per le emergenze Maria Van Kerkhove.

Diverse immagini vista al microscopio del coronavirus – Sourceweb

“Ci sono molti vaccini allo studio e stiamo lavorando per accelerare il più possibile, sempre in sicurezza, la possibile distribuzione di qualsiasi vaccino arrivi. Ne avremo bisogno in futuro”.

Giovanni Bernardi

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