Prima di confessarsi, bisogna fare un buon esame di coscienza, perché potremmo dire che il Sacramento della Confessione è l’anticamera della redenzione.
E’, infatti, un ottimo pretesto per riaccendere e semplificare il nostro dialogo con Dio.
In questa ottica, confessarsi non è un modo per umiliarsi inutilmente, facendo ammenda e con difficoltà delle proprie colpe quotidiane, ma una modalità per rendersi conto (anche con l’aiuto del sacerdote/confessore) di quali siano i punti nevralgici del nostro comportamento, della nostra coscienza.
Prima ancora di accedere alla Confessione, però, è necessario fare un esame di coscienza, una sorta di ricognizione che ci agevoli il dialogo col confessore, ma soprattutto che ci apra mente e cuore alla consapevolezza del Sacramento che stiamo per chiedere.
Perché il nostro esame di coscienza sia efficace, deve essere fatto nel silenzio, in un luogo dove possiamo permettere a Dio di essere presente e parlarci.
Lui ci ama, è innegabile, ed è pronto a snocciolare la sua infinita misericordia: non dobbiamo fare altro che permetterglielo.
Ha amato ogni suo figlio nella storia dell’umanità ed ha anche perdonato tanto a chiunque glielo domandasse con sincerità.
Ricordiamo le vicende di Davide o di San Paolo, di San Pietro o di Sant’Agostino, per citare solo alcune delle vie che ha trasformato in opere d’arte.
Dio può guarire ogni cosa, anche le ferite del peccato, che si sono aperte sulla nostra anima.
Ed è questo un passo importante, poiché sentirsi responsabili del proprio peccato ci permette di chiedere di essere riconciliati, confessati, assolti.
Ora l’incontro col sacerdote/confessore sarà più proficuo e fluido, libero da ogni sovrastruttura mentale che potrebbe indurci a temere di essere giudicati.
Antonella Sanicanti
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