Commento al Vangelo di oggi 14 Luglio: “Anche tu fai così”, e noi?

“Anche tu fai così”. Come meditare il Vangelo di oggi?

Ci risponde il nostro Padre Guy nel commento alle letture ed al Vangelo di oggi.

Padre Guy medita il Vangelo

La meditazione del Vangelo di questa domenica 14 di Luglio 2019 del nostro Padre Guy. Un momento per comprendere meglio il significato contenuto nella Parola di oggi.

Commento al Vangelo secondo Luca 10,25-37

L.d.M. – In questa quindicesima domenica del tempo ordinario, il liturgista ci pone dinanzi ad un brano molto noto: la parabola del buon samaritano. I Samaritani vengono citati più volte nei Vangeli. Spesso la nostra lettura non va a scavare nel significato di alcuni particolari che sono in realtà fondamentali. Padre Guy possiamo spiegare chi erano i samaritani per quell’epoca e perché questo è buono?

P. Guy – Carissimi fratelli e sorelle, pace e bene. I samaritani non avevano buoni rapporti con i giudei e per soccorrere un nemico ci vuole coraggio e amore. Ricordiamoci dell’incontro tra Gesù e la samaritana (Gv 4, 7-9); quando Gesù e i suoi discepoli volevano attraversare un villaggio della samaria, non glielo permisero. Per un’altra strada avevano raggiunto Gerusalemme (Lc 9,51-56). Questo samaritano è buono perché aveva superato il conflitto tra i giudei e i samaritani, quello che gl’importava era la vita di quella persona ferita.

Buon Samaritano

Il Sacerdote ed il Levita non si fermano

L.d.M. – Perché il sacerdote ed il levita avevano tirato dritti?

P. Guy – Il sacerdote ed il levita erano passati oltre, probabilmente per queste ragioni: culturale, igienica e religiosa. Culturale: la tradizione ebraica considera il sangue come l’anima, la vita della persona. Versare il sangue è sinonimo di togliere la vita, l’anima. Probabilmente il sacerdote ed il levita avevano considerato morto il ferito. Igienico perché toccando il sangue potevano essere contaminati. Religiosa perché toccando il ferito potevano essere impuri (Nm 19,11-16).

L.d.M. – Come si lega questo loro passare oltre al concetto di prossimo espresso da Gesù?

P. Guy – In un’altra possibile ragione alla base del loro comportamento: il sacerdote ed il levita potrebbero dire che quell’uomo ferito non è il loro prossimo, perché la prossimità, a quei tempi, si basava sui legami di razza e di sangue. Secondo il Deuteronomio, si poteva sfruttare lo “straniero”, ma non il “prossimo” (Dt 15,1-3).

L.d.M. – Padre Guy Gesù all’interrogazione del dottore della Legge risponde con due domande. Come replica lo scriba?

P. Guy – Un dottore della legge chiese a Gesù, per metterlo alle prove, che cosa dovrebbe fare per ereditare la vita eterna. Gesù lo rimanda alla scrittura «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Il nostro dottore della legge cita il grande comandamento attestato nel Deuteronomio, che ogni ebreo conosce a memoria e ripete tre volte al giorno, lo Shema‘ Jisra’el: “Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente” (Dt 6,4-5). La prima lettura dice “questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica». Poi, con intelligenza spirituale, il dottore aggiunge il comandamento dell’amore del prossimo (Lv 19,18).

L.d.M. – Qual è il senso di queste parole?

P. Guy – Secondo Luca il dottore delle Legge compie un’interpretazione che ha come fondamento il parallelo tra i due comandamenti dell’amore. Gesù non può fare altro che approvare una tale interpretazione, che raggiunge il suo insegnamento sull’amore esteso addirittura ai nemici, ai persecutori (Lc 6,27-35), e di conseguenza invita quest’uomo a realizzare, a mettere in pratica quotidianamente quanto ha saputo affermare: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

Vangelo di oggi: il buon Samaritano

L.d.M. – Come si arriva alla parabola del buon Samaritano?

P. Guy – Siccome che il dottore voleva giustificarsi, Gesù gli racconta la parabola del buon samaritano. Alla risposta di Gesù “Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?», il dottore aveva risposto saggiamente «Chi ha avuto compassione di lui». Peraltro, il buon samaritano aveva preso cura di un uomo anonimo, Gesù non precisa nulla né nazionalità, né condizione sociale, né appartenenza religiosa.

Mentre percorre la strada che da Gerusalemme scende a Gerico viene assalito da banditi che lo depredano, lo picchiano e lo lasciano mezzo morto sul ciglio della strada. Nulla di straordinario, ma un fatto che è quotidiano nelle nostre città, soprattutto dove i banditi borseggiano, strattonano, malmenano e finiscono per lasciare le persone aggredite a terra sulla strada. Quest’uomo rappresenta tutte le persone che soffrono giustamente o ingiustamente, con o senza ragione. E Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

vangelo
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L.d.M. – Qual è il messaggio della parabola?

P. Guy – Carissimi, nel contesto del Vangelo, la parabola acquista un sapore cristologico. Il buon samaritano è Gesù stesso che è venuto a salvare il popolo di ogni lingua, razza, nazione, tribu. Nel suo grande amore ha sempre compassione di noi. Gesù dunque ci invita a fare ed agire come lui “Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.” (Gv 13,15).

In effetti, l’uomo ferito potrebbe rappresentare tutte le persone in difficoltà, che soffrono, che sono emarginate, abbandonate, immigrante. Qual è il nostro atteggiamento nei loro confronti? Non è che ci comportiamo come quel sacerdote o quel levita? Quanti cristiani, oggi, girano lo sguardo, lavandosi le mani davanti alle sofferenze dei fratelli? Quanti rifiutano di aiutare qualcuno a causa del colore della pelle, della religione, del paese, del continente, della lingua? Quanti dicono spesso, se non sempre, “non abbiamo niente per aiutare, poi sono i primi a chiedere aiuto?

Raccogliamo ciò che seminiamo

Carissimi ciò che si semina è ciò che si raccoglie. Non dimentichiamo che tutto quello che facciamo agli uomini, nel bene o nel male, lo facciamo a Gesù (Mt 25, 31-46). Inoltre, non possiamo amare Dio se non amiamo il prossimo. Come pretendiamo servire o amare Dio quando siamo incapaci di servire e di amare il nostro prossimo? (1Gv 4,20). Essere un buon samaritano vuol dire superare i propri limiti, egoismi, invidie, gelosie

Dice Javier PIKAZA, nel Commento della Bibbia liturgica “ divenendo norma di condotta, la parabola del buon samaritano può essere il fondamento d’un nuovo concetto dell’umanità. In questa umanità sono superate le barriere di razza e di religione; quello che conta è che l’amore sia impegnato”.

“Anche tu fa’ così”

Preghiamo insieme a Padre Guy

Signore risorto, effondi con abbondanza il tuo Spirito dentro i nostri cuori, perché con la sua energia e il suo profumo possiamo abitare gli spazi della nostra vita consueta con una rinnovata passione d’amore, senza più fuggire, ma abitando ogni angolo di mondo…, prima fra tutti il nostro cuore, che è ormai la tua dimonra. Alleluia!( (Lezionario quotidiano 2)

Se vuoi leggere il vangelo di oggi – Vangelo secondo Luca 10,25-37

Padre Guy medita il Vangelo di oggi

Chi è Padre Guy

Per i fratelli e le sorelle che seguono la Luce di Maria, anche negli incontri periodici di preghiera, Padre Guy non ha bisogno di presentazioni. Più volte ci ha infatti accompagnato sia nei pellegrinaggi (Medjugorje, Collevalenza, Montecassino, San Vittorino) che nelle celebrazioni donandoci sempre momenti di profonda riflessione con le sue omelie e le sue catechesi.

Padre Guy-Léandre NAKAVOUA LONDHET  viene consacrato sacerdote il 17.07.2005 in Congo a Brazzaville. Ha iniziato i suoi primi passi come sacerdote proprio nella parrocchia di cui ora è parroco, Santa Brigida di Svezia a Roma nella borgata di Palmarola. Era il 13.09.2005 e non sapeva neanche una parola di Italiano.

Perché è in Italia

Padre Guy si trovò improvvisamente proiettato in una realtà completamente nuova: “Nella nostra Congregazione abbiamo la possibilità di scegliere tre paesi dove vogliamo esercitare il ministero sacerdotale ed essere missionari. Avevo scelto: Gabon, Messico e l’Isola della Riunione sull’Oceano Indiano. Il Consiglio Generale, che ha il diritto di mandarci dove trova più necessità. Mi propose dunque (ce lo dice con un meraviglioso sorriso) di venire in Italia a Roma.

“Che c’è da fare a Roma con tutte le chiese, che riempiono il suo territorio, esisterebbe ancora uno spazio per la missione? Sinceramente non volevo venire in Italia, non me la sentivo, ma un confratello mi aveva detto: Vai e vedrai!. Per l’obbedienza dissi di sì e decisi di venire.

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