L’accusa e le prove: la Cina ha nascosto informazioni sul Coronavirus

Stando a quanto riportato da Associated Press, le autorità della Cina avrebbero nascosto per settimane le notizie relativa alla pandemia che si stava delineando.

Coronavirus Cina
photo pixabay

In particolare, ciò che riguardava il genoma e la conformazione del virus. Questo avrebbe permesso il tragico diffondersi dell’epidemia da coronavirus in tutto il pianeta. Il tutto, mentre l’Organizzazione mondiale della Sanità continuava ad esaltare e valorizzare il presunto ruolo positivo della Cina nel contrasto al coronavirus.

La dura accusa di Associated Press alla Cina

La sostanza quindi delle rivelazioni di Associated Press è netta, come riporta l’agenzia Asia News. “L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e il governo cinese, insieme al direttore dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus e al presidente cinese Xi Jinping, hanno mentito alla comunità internazionale”.

“I cinesi perché hanno nascosto notizie importanti sul virus e sulla sua diffusione; l’Oms perché – cosciente dei silenzi della Cina – ha nascosto tale preoccupazione e ha continuato a elogiare Pechino fino a additarla come “modello” per l’affronto della pandemia”.

Il rapporto che svela le colpe cinesi sul coronavirus

Il rapporto cita fonti sostenute da registrazioni e da mail inviate dall’organismo internazionale. D’altronde, i ritardi dell’annuncio della gravità dell’epidemia erano stati già denunciati dai due dottori di Wuhan, Li Wenliang e Ai Fen. Come lo stesso è accaduto per la constatazione del fatto che il virus si sia trasmesse tra uomini.

Il documento diffuso dall’agenzia giornalistica internazionale aggiunge a questi elementi il fatto che il governo cinese, e nello specifico le massime autorità incaricate di gestire la sanità nazionale, per settimane avrebbero tenuta nascosta alla comunità scientifica internazionale la mappa genetica da cui ricavare informazioni circa la conformazione del virus.

Le ragioni del nascondere informazioni? Controllo e concorrenza

Le ragioni? La prassi autoritaria evidentemente in voga nel governo cinese di mantenere sempre e comunque uno “stretto controllo delle informazioni”. Ovviamente, al fine di guadagnare punti nell’ambito della “competizione” per la ricerca di uno strumento con cui combattere il virus. In sostanza, la motivazione è sempre la stessa: denaro.

Nelle affermazioni di Ap si spiega inoltre che le autorità governative cinesi avrebbero rilasciato le informazioni sul genoma del virus solamente dopo che un laboratorio cinese ha pubblicato, contro le disposizioni governative in tema di censura, i suoi studi di virologia su un sito internet, già nell’11 gennaio.

Un diverso atteggiamento avrebbe risparmiato gran parte dei danni

Il governo cinese però si è impegnato nel continuare a bloccare il rilascio di informazioni per almeno altre due settimane. Un lasso di tempo fatidico in cui il virus ha avuto tempo di diffondersi in giro per tutto il pianeta, infettando l’umanità, causando migliaia di morti e gettandoci in una crisi di cui non conosciamo ancora realmente le dimensioni.

“Se la Cina avesse agito in modo responsabile una, due o tre settimane prima, il numero dei contagiati dal virus sarebbe stato minore rispettivamente del 66%, dell’86% e del 95%”, viene spiegato nell’ambito di studio dell’università di Southampton. Studio, riporta Asia News, “citato dal card. Charles Bo in una furiosa dichiarazione contro il Partito comunista cinese”.

La difesa di Xi Jinping e dell’Oms

Mentre in realtà soltanto a maggio, durante l’assemblea dell’Oms, il presidente cinese Xi Jinping ha difeso pubblicamente il suo paese affermando di avere diffuso “in modo accurato e in tempo, con apertura, trasparenza e responsabilità“, tutte le informazioni.

Il presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump ha affermato di sospendere i finanziamenti all’Oms e di stare pensando alla ripartenza delle attività produttive

Ma la subalternità dell’organismo internazionale, nel mirino anche del presidente degli Stati Uniti Donald Trump che ha deciso di tagliare i 400 milioni di euro all’anno da parte statunitense, avrebbero dovuto ammorbidire la posizione verso la Cina spingendola a rilasciare i dati di cui era in quel momento in possesso. Almeno così ha tentato di spiegare una figura dell’Oms interpellata dall’agenzia.

Giovanni Bernardi

fonte: asianews.it

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