
Ecco alcune situazioni, indicanti, secondo il Codice di Diritto Canonico, i criteri e le motivazioni per la scomunica di prelati e gente comune.
Alcune di queste scomuniche sono valutate dalla Santa Sede, le altre dai Vescovi e dai sacerdoti incaricati.
Ricordiamo che la scomunica è una pena, che implica che il fedele cristiano in questione venga allontanato, escluso dalla comunità dei credenti, dai Sacramenti, a causa di gravi azioni, ritenute immorali.
In primo luogo, viene scomunicato “chi profana le specie consacrate (ostie) dell’Eucaristia, oppure le asporta dalla riserva eucaristica o le conserva a scopo sacrilego”; chi “usa violenza fisica contro il Santo Padre, il Papa”.
Ma è soggetto a scomunica anche il sacerdote che confessa e assolve (l’assoluzione, ovviamente, non è ritenuta valida, in questo caso) colei o colui che, con lui, ha commesso peccato contro il Sesto Comandamento, ossia “Non commettere atti impuri”.
Ed è scomunicato anche chi pratica l’aborto, chi lo procura, chi ne è complice; è scomunicato chi compie Apostasia, Eresia, Scisma, Simonia o condiziona l’elezione del Papa nel Conclave.
Specifichiamo che: l’Apostasia è la negazione della fede in Cristo; l’adesione a riti magici, alla cartomanzia, all’astrologia e ad ogni pratica esoteriche; la conversione ad altre religioni.
Lo Scisma è la separazione, dalla Chiesa, di un gruppo di fedeli, a causa di disaccordi sulla disciplina morale, ma non sulle Verità di Fede (come è accaduto, più volte, nel corso della storia).
La Simonia è la mercificazione di beni spirituali (come le reliquie dei Santi, ad esempio), in cambio di denaro. Questo termine deriva da Simon Mago, che chiese a San Pietro di vendergli il potere di ricevere e distribuire i doni dello Spirito Santo! Evidentemente, non sapeva di cosa stesse parlando.
Antonella Sanicanti