Affidiamo all’Angelo Custode e al cielo il bambino che ci ha tenuto, stretti e uniti nella preghiera, negli ultimi mesi.
A questo punto, tutte le considerazioni, ampiamente già esplicitate dai giornali e dai blog di tutto il mondo, sono superflue.
Sappiamo come si sono svolti i fatti; conosciamo la dedizione e l’affetto di Connie e Chris per il loro figlioletto malato; abbiamo tenuto in conto tutti coloro che con ogni mezzo, dalle mozioni legali ai cartelli che chiedevano considerazione per la vita di Charlie, dall’appello del Santo Padre ai messaggi di Trump, dall’intervento del Bambin Gesù a quelli degli esperti di tutto il mondo, hanno spalleggiato l’inno alla vita.
E conosciamo bene il lungo iter che ha permesso alla burocrazia di far disperdere quel tempo necessario e utile al bambino, perché potesse avere una chance.
“Il nostro splendido bambino se n’è andato”, ha detto la mamma, “Siamo così orgogliosi di te”. E lo possono ben dire, perché, anche se Charlie non ce l’ha fatta, se non è stato in grado di sopravvivere senza il respiratore artificiale, ha fatto riflettere il mondo sugli abusi della legge, che vorrebbe sostituirsi alle coscienze di chi non può parlare.
Una legge crudele che fino all’ultimo, anche ieri, non ha permesso di riportarlo a casa, ma ha imposto un hospice, per gli ultimi minuti da passare con mamma e papà.
Il dolore straziante per la sua morte, dobbiamo condividerlo, ora, tutti noi, con Connie e Chris, come la speranza che non si ripeta per altri, ciò che è accaduto al piccolo.
Che la resa imposta ai genitori, sfiniti dalle fredde e molteplici ingiustizie, avvenuta in pubblico, davanti al mondo intero, ai media, non spenga il messaggio di Charlie Gard: il mondo sta percorrendo una strada pericolosa, che sostituisce uomo a Dio, la speranza alla legge, la morte alla vita.
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