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Il grido della CEI: chi difende la famiglia è in grave pericolo

La CEI, Conferenza episcopale italiana, interviene sulla nuova proposta di legge, nota come il Ddl Zan, e ne evidenzia il pericolo per i cittadini.

photo by Pixabay

Oggi in un comunicato la CEI lancia un monito sulla proposta attualmente in discussione alla II Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, contro i reati di omotransfobia.

L’intento è quello di intervenire sull’articolo 604 del codice penale. Nonostante sia già assolutamente completo e tuteli il rispetto della dignità umana e del principio di uguaglianza etnica, nazionale, razziale e religiosa.

Omofobia, non serve una nuova legge

Le discriminazioni – comprese quelle basate sull’orientamento sessuale – costituiscono una violazione della dignità umana, che – in quanto tale – deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking… Sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini.

Al riguardo, un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio.

CEI: il rischio di derive liberticide

Questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia. Anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni.

Anzi, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione. Come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte.

CEI: significa introdurre un reato di opinione

Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso.

Crediamo fermamente che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona.

Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto. Nella misura in cui tale dialogo avviene nella libertà, ne trarranno beneficio tanto il rispetto della persona quanto la democraticità del Paese.

>> il testo pubblicato della CEI-omofobia non serve una nuova legge <<

Simona Amabene 

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