Bosnia, la rotta balcanica è in questi giorni aperta. Numerosi migranti afghani, pachistani o del Bangladesh sono in viaggio, e lo chiamano “il gioco”. Ma non lo è.
Il flusso delle persone che si spostano da un continente all’altro, mettendosi di fronte a veri e propri viaggi che talvolta finiscono nel peggiore dei modi, pare che sia aumentato a seguito della quarantena. In Bosnia i cittadini sono scesi in piazza per protestare, riporta Il Giornale.
La triste tragedia dei migranti, un traffico di soldi e di vite umane
Nel nord ovest della Bosnia infatti ad oggi si trovano numerosi migranti che desiderano giungere in Italia. Molti di questi, da giorni vivono a zonzo nelle colline che fanno da collegamento “fra la parte serba del paese e quella musulmana“, riporta l’inviato del quotidiano.
Molti di questi giungono in quest’area in autobus, trasportati da una parte all’altra della Federazione bosniaca. Il Paese tuttavia, non ne vuole sapere, e quando riesce ad individuarli li rimanda indietro. Così centinaia di afghani, pachistani e migranti del Bangladesh risultano spaventati, o peggio inferociti. E si scagliano contro il cordone di polizia bosniaca, che il governo ha piazzato lungo la ferrovia, spesso grido di “Allah o akbar”.
Gli scontri tra polizia e migranti nella rotta dei Balcani
Gli agenti più volte durante la giornata caricano i migranti, con il risultato però che questi finiscono dispersi nei campi di pannocchie. Questo tragitto tragico e di morte è stato ribattezzato da chi lo percorre “il gioco“. Forse, all’origine, c’è la volontà da parte degli schiavisti, coloro che cioè guadagnano direttamente soldi da questi traffici di esseri umani, di mitigare i rischi e la pericolosità. Insomma, un vero marketing criminale.
In Bosnia ad oggi sono presenti circa ottomila migranti. Poco meno di quelli che arrivano ogni anno, intorno a dodicimila. Di questi, ne passano almeno nove su dieci. Anche se quest’anno la quarantena ha causato un blocco in primavera, con le conseguenze che molti sono partiti ora, tutti insieme. L’ambasciatore italiano a Sarajevo Nicola Minasi parla di “un’ondata ritardata”.
Alcuni migranti, a loro volta, diventano trafficanti
Parlando con loro si scopre che il viaggio, o meglio “il gioco”, dura circa una decina di giorni di cammino ininterrotto. Nella speranza che i poliziotti non li incontrino e li pestino, rimandandoli indietro. Ma “se hai 4mila euro ti portano in macchina fino a Trieste o Udine”, spiega al Giornale un afghano. “Se vai per metà a piedi paghi 2mila euro. E puoi anche spendere 800 euro per il passaggio sicuro di un solo confine”, aggiunge.
Sono infatti gli stessi migranti che col tempo cominciano a fiutare gli affari dietro questo traffico illegale di umani, e a loro volta diventano trafficanti. La rete infatti è molto estesa, e una volta arrivati in Italia trovano compagni pronti ad attendere i migranti, offrendo loro accoglienza momentanea. La verità, però, che non appare a prima vista, è che i migranti vengono in realtà sequestrati, e alle famiglie di origine si chiede una cauzione in denaro. Altrimenti non vengono rilasciati.
Croazia, la popolazione scende in piazza contro i traffici sui migranti
Nel capoluogo croato di Bihac però la popolazione è scesa in piazza per opporsi a tutto questo. Il 29 agosto migliaia di persone si sono date appuntamento in piazza. Nel manifesto principale la scritta: “Stop immigrazione”.
“L’ ipocrita Unione europea deve capire che non esistono solo i diritti dei migranti arrivati illegalmente, ma pure quelli della popolazione locale”, dice una donna, tra le leader della manifestazione. “Rubano e occupano le case di chi lavora all’estero. Abbiamo paura per i nostri figli. Se non rispettano la legge da noi non lo faranno neanche in Italia”.
Papa Francesco: “Dio ci chiederà il conto per i migranti”
Mentre la tensione cresce, i migranti, uomini e donne sfruttati per tornaconto economico che si trovano a viaggiare a piedi per settimane, magari a volte famiglie intere, restano allo sbando. Per strada, nelle foreste, nei capannoni dismessi della fabbriche chiuse.
Un vero e proprio inferno in terra. Di cui, come ha detto Papa Francesco nelle scorse settimane durante l’Angelus, “Dio ci chiederà conto”.
Giovanni Bernardi