Cantico dei Cantici: la risposta di Benedetto XVI a Benigni

Tra lettura del testo e interpretazione personale vi è una grossa differenza. Questo è necessario capirlo al fine di evitare confusione e non cadere nella macchina della strumentalizzazione. Benedetto XVI ci aiuta a capire il vero valore del Cantico dei Cantici.

Benedetto XVI
Benedetto XVI (websource)

Come ci insegna il Papa emerito, Benedetto XVI, le poesie contenute nel bellissimo libro del Cantico dei Cantici «sono, originariamente, canti d’amore». Il commento alla Sacra Scrittura, portato al Festival nazional-popolare dal Premio Oscar Roberto Benigni, ha fatto molto discutere, in virtù del fatto che il suo commento ha veicolato un messaggio del tutto personale, incentrato sull’esercizio della sessualità. Il messaggio che ha lasciato l’attore è un messaggio però confuso, nel quale la sua libera interpretazione ha snaturato il vero senso delle Sacre Scritture.

L’amore spiegato da Benedetto XVI

Quasi in risposta al recente commento del Cantico, vi è un testo molto importante, datato al primo anno di pontificato di Benedetto XVI e da lui stesso redatto: si tratta del Deus caritas est, un testo che parla del vero amore di Dio, fin dalle prime parole, con la bellissima citazione della prima lettera di Giovanni: “Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui”. Il testo di Benedetto XVI, citando l’Antico Testamento, dunque anche il Cantico dei Cantici ci dà un’idea chiara (e non strumentalizzata) del significato dell’amore presente nei passi.

Canti d’amore

Dal Deus caritas est di Benedetto XVI: “Come deve essere vissuto l’amore, perché si realizzi pienamente la sua promessa umana e divina? Una prima indicazione importante la possiamo trovare nel Cantico dei Cantici, uno dei libri dell’Antico Testamento ben noto ai mistici. Secondo l’interpretazione oggi prevalente, le poesie contenute in questo libro sono originariamente canti d’amore, forse previsti per una festa di nozze israelitica, nella quale dovevano esaltare l’amore coniugale”.

La promessa dell’amore mira al definitivo

“Fa parte degli sviluppi dell’amore verso livelli più alti, verso le sue intime purificazioni, che esso cerchi ora la definitività, e ciò in un duplice senso: nel senso dell’esclusività — «solo quest’unica persona» — e nel senso del «per sempre». L’amore comprende la totalità dell’esistenza in ogni sua dimensione, anche in quella del tempo. Non potrebbe essere diversamente, perché la sua promessa mira al definitivo: l’amore mira all’eternità”.

Il cammino dell’amore

Importantissimo questo passaggio, dove il Pontefice chiarisce che “Sì, amore è «estasi», ma estasi non nel senso di un momento di ebbrezza, ma estasi come cammino, come esodo permanente dall’io chiuso in sé stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio”.

La scoperta dell’altro

“In opposizione all’amore indeterminato e ancora in ricerca, questo vocabolo esprime l’esperienza dell’amore che diventa ora veramente scoperta dell’altro, superando il carattere egoistico prima chiaramente dominante. Adesso l’amore diventa cura dell’altro e per l’altro. Non cerca più sé stesso, l’immersione nell’ebbrezza della felicità; cerca invece il bene dell’amato: diventa rinuncia, è pronto al sacrificio, anzi lo cerca” (Benedetto XVI, Deus Caritas est, 2005).

Per una lettura approfondita del Deus caritas est: http://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20051225_deus-caritas-est.html

Fabio Amicosante

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