Nel pieno rispetto del diritto canonico, il Vescovo di Sulmona ha deciso di abolire al figura dei padrini e delle madrine per battesimi e cresime.
La decisione è stata presa per contrastare il fenomeno sempre più radicato della scelta di persone intime ma prive delle caratteristiche adatte al ruolo.
Il diritto canonico prevede che i genitori di un bambino appena nato possano decidere di scegliere un padrino ed una madrina. Tali figure rappresentano una sorta di investitura dei genitori nei confronti di queste persone, il cui compito è quello di insegnare e mostrare al bambino l’essenza della fede e quella della vita cristiana. Spesso la scelta ricade su persone care alla famiglia, siano essi parenti o amici stretti. Negli ultimi anni, però, è capitato sempre più spesso che le persone scelte non avessero il requisito fondamentale per il ruolo: “una vita conforme alla fede”.
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In linea generale i sacerdoti hanno permesso alle persone scelte di essere nominate per quel ruolo, ma con il passare degli anni e la diffusione del fenomeno sempre più ecclesiastici si sono confrontati con il dubbio della liceità di questa scelta. La prima reazione “legale” al fenomeno è stata presa a Brindisi nel 2018, dove il Vescovo ha vietato a parenti e amici di assumere il ruolo di padrini e madrine. Nel capoluogo pugliese sono i catechisti a presentare i candidati al Vescovo, con la certezza che questi li accompagneranno nel loro cammino di fede.
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Di recente il Vescovo di Sulmona, Don Michele Fusco, ha preso una decisione ancora più radicale. D’ora in poi nella sua diocesi non esisteranno più padrini e madrine. Una scelta che sicuramente farà discutere, ma che è condivisa dai sacerdoti e dalla comunità locale e che non viola il diritto canonico. Nel documento con cui viene ufficializzata la decisione, infatti, il Vescovo sottolinea che questo: “indica la possibilità della loro presenza e non l’obbligatorietà”.
Il motivo è la mancanza del requisito base dei padrini e delle madrine: una vita conforme alla fede appunto. Nel documento infatti si legge: “risulta spesso una sorta di adempimento formale, in cui rimane ben poco visibile la dimensione della fede“. Insomma, proprio perché la Chiesa si deve confrontare e modificare in base alle caratteristiche del tempo storico, una simile scelta in questo periodo di crisi vocazionale appare sensata.
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Luca Scapatello
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