Le bambine violentate nel Congo non hanno voce, non hanno nessuno che possa difenderle, nessuno farà loro giustizia, perché sono i soldati stessi, dunque le autorità del Paese che dovrebbe proteggerle, ad abusare di loro.
A Bukavu, in Congo, appunto, c’è Pascaline, che ha solo 12 anni, ma, qualche mese fa, è stata violentata da sette soldati!
Le hanno, poi, anche sparato al bacino, creandole lesioni ai genitali e al retto: “Sono stata operata sei volte, ora sto un po’ meglio”, dice quella bambina dal suo letto d’ospedale.
La guerra in Congo è iniziata 15 anni fa, prima della sua nascita, ed è uno scontro continuo tra eserciti di fazioni diverse.
Dove sono i Caschi Blu dell’Onu? A quanto si sa, non si comportano diversamente da tutti gli altri che indossano una divisa, come se tutti fossero accecati da quelle ricchezze e, incuranti delle torture che infliggono agli innocenti, a cui calpestano la dignità e l’onore, si trasformano in belve crudeli e sanguinarie.
Pascaline divide la camerata dell’ospedale con altre 60 donne, accomunate dalla sua stessa sorte; molte sono bambine di 11 anni, altre donne adulte, fino agli 80 anni!
“Molti stupri finiscono con l’introduzione di oggetti, di colla, di chiodi o di sabbia nella vagina”. spiegano le infermiere dell’ospedale, che cerca di curarle al meglio, almeno nel corpo.
Pascaline e le altre si trovano nell’ospedale Panzi, chiamato anche “la clinica delle donne violentate”, fondato da un medico congolese di nome Denis Mikwege.
“Dal 2004, abbiamo accolto più di diecimila donne, circa trecento al mese. Le ultime dieci si sono presentate ieri sera. Quasi tutte sono vittime dei miliari. Una su tre necessita di un lungo intervento chirurgico”. “Molte sono state violentate più volte. Altre diventano le schiave sessuali di una guarnigione”.
E non dimentichiamo che, in un Paese così degradato, oltre a non esserci giustizia per queste donne, non c’è nemmeno comprensione: esse vengono anche allontanate dalla famiglia, abbandonate a se stesse.
Antonella Sanicanti
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