“Bacha Bazi” vuol dire “bambini per gioco” ed indica una modalità per schiavizzare sessualmente i bambini e abusare della loro innocenza, distruggendo per sempre la purezza che portano con se.
I bambini, tra gli 8 e i 14 anni, in Afganistan, vengono avvicinati per le strade o presso gli orfanatrofi e rapiti, poi, preparati per essere venduti ad uomini ricchi e facoltosi, che li vestono da donna.
I Bacha Bazi sono le vittime afgane della pedofilia, un crimine che, in quella Nazione, non è nemmeno perseguito dalla legge.
Purtroppo, ad impedire che ciò si realizzi, nel minor tempo possibile, è la situazione culturale della gente del posto e quella economica agevolata di coloro che dovrebbero essere incriminati. Ad aggravare la situazione c’è il fatto che a vendere i bambini spesso sono le loro stesse famiglie, a causa dell’estrema povertà in cui versano.
Il progetto del Governo afgano -qualora riuscisse nel suo intento di liberare e proteggere i Bacha Bazi- è di introdurre delle pene detentive, che vanno dai 7 anni di carcere, per violenza sessuale, fino alla condanna a morte.
Ma come riuscire a far comprendere che usare i bambini come giocattoli di piacere è un reato, un gravo oltraggio alla loro dignità, quando a praticare la pedofilia (e alla luce del sole) sono anche poliziotti, militari, politici?
La situazione fu denunciata già nel 2010 dal giornalista Najibullah Quraishi, nel documentario “The dancing boy of Afghanistan”.
Antonella Sanicanti