Il vescovo vuole chiudere il seminario fiorente di vocazione per il solo motivo che i fedeli continuavano a domandare di ricevere la Comunione in bocca.
Questi si sono sentiti profondamente traditi, prima di tutto nella loro fede. Non a caso hanno parlato di “un duro colpo incomprensibile”. La Conferenza episcopale argentina ha dato ragione al vescovo Eduardo María Taussig. Che a sua volta ha anche ammonito tre sacerdoti che stavano amministrando la Comunione, proprio per la stessa ragione.
La scelta che ha sconvolto i fedeli
I fedeli, dopo il provvedimento del monsignore che ha stabilito la chiusura del seminario Santa María Madre de Dios, sono rimasti esterrefatti. Lui si è giustificato spiegando che non ha fatto altro che dare seguito a “precise istruzioni impartite dalla Santa Sede”. Il seminario era stato fondato nel 1984. La comunità locale, che è profondamente legata a questo luogo di preghiera e di intensa devozione, si è ritrovata in piazza per protestare duramente contro la decisione.
Lì testimonianze personali e appelli collettivi per la riapertura si sono susseguiti. Il medico Miguel Soler ha deciso di farsi pubblicamente promotore di questo scontento. La speranza di tutti i fedeli della città americana è che il seminario venga riaperto al più presto. L’uomo ha parlato di una decisione “senza giustificazione” e che “non porta alcun beneficio”.
Il seminario più grande e fiorente del Paese
Si tratta infatti del più grande seminario di tutto il Paese, in cui attualmente risiedono trentanove candidati al ruolo di sacerdote. Questo, tristemente, dovrebbe essere chiuso definitivamente il prossimo dicembre, senza nemmeno il tempo di lasciare terminare l’anno accademico. I seminaristi, semplicemente, verranno divisi tra loro e trasferiti in altre diocesi.
La diocesi di San Raffael, in un comunicato diffuso dopo la decisione finora incomprensibile presa dal vescovo, firmato dal presidente della conferenza, monsignor Oscar Vicente Ojea Quintana, ha parlato di una situazione “molto dolorosa”, seppure “necessaria”. Nel testo diffuso dai vescovi si è parlato, tra le altre cose, della necessità per i futuri sacerdoti che affrontano un periodo di formazione vocazionale, di operare in un “clima di lealtà con il pastore della diocesi”.
Il protocollo firmato a causa del coronavirus
Questo passaggio specifico lascia quindi intendere, secondo il parere di molti commentatori, che dietro la decisione ci sia appunto un risentimento proprio per la questione della distribuzione dell’Eucarestia in bocca. Senza curarsi minimamente che si trattasse, in realtà, del più prolifico seminario del Paese, fucina di numerose vocazioni sacerdotali.
Nelle settimane precedenti, infatti, a causa del coronavirus era stato firmato dal vescovo e le autorità civili un protocollo in cui si obbliga sacerdoti e seminaristi a distribuire la Comunione in mano. Centinaia di fedeli non hanno approvato questa scelta e lo scorso 6 luglio si sono radunati di fronte ai cancelli del seminario diocesani, per radunarsi in preghiera chiedendo al vescovo di permettere loro di comunicarsi in bocca, specialmente in questo duro tempo di pandemia.
Proteste in piazza, attirata l’attenzione mediatica
La manifestazione, però, ha suscitato una particolare diffusione mediatica, ed evidentemente ciò è risultato del tutto indigesto al vescovo. Accusato, da politici e mass media, di non volere rispettare le misure sanitarie per combattere l’emergenza dovuta al coronavirus. Tra le persone radunatesi in protesta, infatti, vi erano anche almeno una quarantina di sacerdoti. Facendo pensare, come indicato nello stesso comunicato, a qualcosa di molto simile a una “situazione di ribellione”. Mettendo in cattiva luce i formatori del seminario.
La questione è infine approdata anche in rete. I promotori della protesta, che evidentemente hanno come unico desiderio quello di rispettare le regole della tradizione cattolica, come ribadite anche di recente della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, guidata dal cardinale Robert Sarah, all’interno dell’istruzione Redemptionis Sacramentum, stanno pubblicando in queste ore numerosi appelli per chiedere di revocare la chiusura del seminario.
Appelli di fedeli addolorati per questa decisione, che sono arrivati fino a Papa Francesco, chiedendo un suo intervento diretto nella questione legata al suo Paese natale.
Giovanni Bernardi