Angelus: il grande rammarico del Papa per quanto sta accadendo a causa della pandemia

Ancora un riferimento al dramma della pandemia da parte di Francesco. Poi l’elogio di un grande santo ottocentesco che fece qualcosa che ancora oggi resta di grande insegnamento per tutti i fedeli.

“Umiltà” e “disponibilità” sono state le virtù indicate da papa Francesco, in occasione dell’Angelus odierno. Cristo, ha detto, va accolto “senza musi lunghi”.

Nazaret: un fallimento annunciato, eppure…

La prima predicazione di Gesù nella sua Nazaret ebbe un “esito amaro”, suscitando “incomprensione e ostilità” (cfr Lc 4,21-30) tra i suoi compaesani. Questi ultimi, “più che una parola di verità, volevano miracoli, segni prodigiosi” e lo etichettano sbrigativamente come “il figlio di Giuseppe”, il falegname, ha osservato il Santo Padre.

Dalla prima grande contestazione contro Gesù, deriva la sua “proverbiale” frase: «Nessun profeta è bene accetto nella sua patria» (v. 24). Se però Gesù aveva messo nel conto il proprio “fallimento”, perché “va lo stesso al suo paese?.

Dio, ha spiegato il Pontefice, “davanti alle nostre chiusure, non si tira indietro: non mette freni al suo amore”. Dio è simile a “quei genitori che sono consapevoli dell’ingratitudine dei figli, ma non per questo smettono di amarli e di fare loro del bene. Dio è così, ma a un livello molto più alto”.

Se cerchi il miracolo facile, rimarrai deluso

Se però i nazareni non furono accoglienti con Gesù, almeno noi lo siamo? Per rispondere a tale domanda, il Papa ha indicato gli altri due personaggi menzionati nel Vangelo odierno: la vedova di Sarepta di Sidone e Naamàn, il Siro. “Tutti e due accolsero dei profeti: la prima Elia, il secondo Eliseo” eppure entrambi passarono “attraverso delle prove”.

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Sia la vedova che Naamàn, però, mostrarono “disponibilità e umiltà”; entrambi “non hanno rifiutato le vie di Dio e dei suoi profeti; sono stati docili, non rigidi e chiusi”.

Gesù quindi, ha proseguito Francesco, “percorre la via dei profeti” e lascia ‘deluso’ chi “chi cerca miracoli, sensazioni nuove, una fede fatta di potenza e segni esteriori”. Ci chiede, cioè, di “accoglierlo nella realtà quotidiana che vivi”, senza “critiche e musi lunghi”; di cercarlo “in chi hai vicino ogni giorno; nella concretezza dei bisognosi. Ci invita a “purificarci nel fiume della disponibilità e in tanti salutari bagni di umiltà”.

E noi, siamo accoglienti o assomigliamo ai suoi compaesani, che credevano di sapere tutto su di Lui?”, ha domandato Bergoglio. C’è sempre il rischio di “abituarci a Gesù, di chiuderci alle sue novità, fissi sulle nostre posizioni, di illudersi di “conoscere bene il Signore, con le nostre idee e i nostri giudizi”, quando “il Signore chiede una mente aperta e un cuore semplice”.

Elogio a don Bosco, che “non si chiuse in sagrestia”

Dopo la recita dell’Angelus, papa Francesco, in occasione della Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra, ha ricordato che questa malattia “colpisce ancora tanti, specie in contesti particolarmente disagiati”. Per questi malati, ha espresso “vicinanza”, auspicando che “non manchi loro il sostegno spirituale e l’assistenza sanitaria”.

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Di seguito il Santo Padre ha rivolto gli auguri ai popoli asiatici che, dal 1° febbraio, festeggeranno il “Capodanno lunare”, esprimendo rammarico per le “molte famiglie” che “purtroppo non riusciranno a riunirsi causa pandemia. Spero che presto potremo superare la prova.

Un accenno, poi alla festa di San Giovanni Bosco, che si terrà domani, 31 gennaio. Per l’occasione, il Pontefice ha salutato “i salesiani e le salesiane che tanto bene fanno alla Chiesa”, elogiando il profilo di don Bosco “grande santo padre e maestro della gioventù”, il quale “non si è chiuso in sagrestia ma è uscito sulla strada a cercare i giovani” con quella “creatività” che è stata la sua “caratteristica”.

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