Angelus | Appello di Papa Francesco contro una disgrazia “non inevitabile”

Il Santo Padre durante il consueto appuntamento dell’Angelus, evoca la crudele sorte  dei bambini causata dal male e, a conclusione, fa memoria di un momento doloroso ma carico di speranza per tutta la Chiesa.

La celebre parabola del Figliol Prodigo, al centro del Vangelo di oggi (cfr Lc 15,11-32) non vede al centro soltanto il Padre Misericordioso, che riaccoglie il figlio perduto “con compassione e tenerezza”.

No a una religione fatta solo di divieti e doveri

Ognuno di noi è “quel figlio, e commuove pensare a quanto il Padre sempre ci ami e ci attenda”, ha detto papa Francesco durante l’Angelus. In ognuno di noi, c’è anche un po’ del “fratello maggiore” che “va in crisi” di fronte al Padre che perdona il fratello ribelle e pentito.

Di fronte alle lamentele del fratello maggiore “siamo tentati di dargli ragione: aveva sempre fatto il suo dovere, non era andato via di casa, perciò si indigna nel vedere il Padre riabbracciare il fratello che si era comportato male”.

Il problema del figlio maggiore è che imposta l’intero rapporto col padre, “sulla pura osservanza dei comandi, sul senso del dovere”. Un rapporto che, per certi versi, può rispecchiare “il nostro problema con Dio: perdere di vista che è Padre e vivere una religione distante, fatta di divieti e doveri”.

La conseguenza di questa visione deformata del rapporto con Dio è “la rigidità verso il prossimo, che non si vede più come fratello”. Tanto è vero che “il figlio maggiore non dice al Padre mio fratello, ma tuo figlio”. Il Padre gli replica dicendogli: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo» (v. 31). Cerca, cioè, di fargli capire che per lui “ogni figlio è tutta la sua vita”.

A riguardo, il Pontefice ha menzionato ciò che dice il protagonista del romanzo Papà Goriot di Balzac: «Quando sono diventato padre, ho capito Dio».

Sappiamo gioire per gli altri?

Al Figlio maggiore, il Padre “apre il cuore” e gli manifesta “due bisogni, che non sono comandi, ma necessità del cuore: «Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita» (v. 32)”.

Far festa significa “manifestare a chi si pente o è in cammino, a chi è in crisi o è lontano, la nostra vicinanza”; sta ad indicare, cioè, l’invito a “superare la paura e lo scoraggiamento, che possono venire dal ricordo dei propri errori”. Chi ha sbagliato, spesso, “si sente rimproverato dal suo stesso cuore; distanza, indifferenza e parole pungenti non aiutano, ha sottolineato il Papa.

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L’atteggiamento del Padre misericordioso della parabola, ci stimola ad autointerrogarci se facciamo come lui: “Cerchiamo chi è lontano, desideriamo fare festa con lui? Quanto bene può fare un cuore aperto, un ascolto vero, un sorriso trasparente; fare festa, non far sentire a disagio!

Chi ha un cuore sintonizzato con Dio, quando vede il pentimento di una persona, per quanto gravi siano stati i suoi errori, se ne rallegra”, ha sottolineato Francesco. “Non rimane fermo sugli sbagli, non punta il dito sul male, ma gioisce per il bene, perché il bene dell’altro è anche il mio! E noi, sappiamo vedere gli altri così? Sappiamo gioire per gli altri?”.

La guerra devasta il presente e l’avvenire

Dopo la recita della preghiera mariana, un nuovo appello per la pace in Ucraina, a più di un mese “dall’inizio di questa guerra crudele e insensata, una sconfitta per tutti noi”.

C’è bisogno di ripudiare la guerra – ha detto il Santo Padre – luogo di morte dove i padri e le madri seppelliscono i figli, dove gli uomini uccidono i loro fratelli senza averli nemmeno visti, dove i potenti decidono e i poveri muoiono. La guerra non devasta solo il presente ma anche l’avvenire di una società”.

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Il Pontefice ha quindi ricordato che “dall’inizio dell’aggressione all’Ucraina un bambino su due è stato sfollato dal Paese. Questo vuol dire distruggere il futuro, provocare traumi drammatici nei più piccoli e innocenti tra di noi”.

La guerra, “atto barbaro e sacrilego”, non può essere visto come “qualcosa di inevitabile”, né a cui dovremmo mai “abituarci”. Se da questa vicenda “usciremo come prima saremo tutti colpevoli. L’umanità deve comprendere che è arrivato il momento di “abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo prima che sia la guerra a cancellare l’uomo dalla storia”.

Francesco ha quindi rinnovato l’appello: “Basta! Ci si fermi, tacciano le armi, si tratti seriamente per la pace”. Ha quindi esortato tutti a pregare “la Regina della Pace alla quale abbiamo consacrato l’umanità, in particolare la Russia e l’Ucraina con una partecipazione grande e intensa per la quale ringrazio tutti voi”.

In conclusione, un ricordo doloroso ma pieno di speranza: “Proprio due anni fa, da questa piazza abbiamo elevato la supplica per la fine della pandemia: oggi l’abbiamo fatto per la fine della guerra in Ucraina”.

A riguardo, Bergoglio ha ricordato la distribuzione in piazza San Pietro di un “un libro offerto in omaggio dalla Commissione Covid 19, con il Dicastero della Comunicazione, per invitare a pregare nei momenti di difficoltà, senza paura, avendo sempre fede nel Signore”.

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