Il sequestro sta avvenendo in diverse sedi d’Italia nel contempo e riguarda tutto ciò che del ponte Morandi era stato progettato, attuato o semplicemente ignorato.
Le ipotesi sulla causa primaria della tragedia si fanno leggermente più chiare, a distanza di una decina di giorni dal crollo.
Quella più plausibile dice che potrebbero essersi formata una bolla d’aria all’interno del tirante di calcestruzzo, a causa della quale si sarebbero scatenate una serie di reazioni, che avrebbero addirittura corroso i cavi di acciaio, all’interno dello strallo incriminato.
Sappiamo da tempo che l’ingegnere Riccardo Moranti in persona, e già nel 1979, aveva avvisato che “La struttura viene aggredita dai venti marini (il mare dista un chilometro) che sono canalizzati nella valle attraversata dal viadotto. Si crea così un’atmosfera, ad alta salinità che per di più, sulla sua strada prima di raggiungere la struttura, si mescola con i fumi dei camini dell’acciaieria (il vecchio stabilimento Ilva, ndr) e si satura di vapori altamente nocivi“.
Ora si dice che quella bolla si sarebbe creata già in fase di “iniezione” del cemento, ma il lato che ha ceduto per primo è proprio quello a Sud, quello indicato come problematico nel rapporto di Morandi, in uno studio commissionato da Autostrade, secondo una deteriorazione “più rapida di quello che ci si potesse aspettare”.
Antonella Sanicanti
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