Oggi 2 settembre è Sant’Elpidio: il monaco eremita “pieno di speranza”

Molto venerato nelle Marche, Sant’Elpidio fu un monaco eremita che divenne abate e il suo nome è fortemente associato alla speranza. 

Sant'Elpidio
Sant’Elpidio – lalucedimaria.it

Oggi, 2 settembre, ricorre la memoria liturgica di Sant’Elpidio, monaco eremita che visse nel IV secolo molto probabilmente nei pressi di Ascoli Piceno. Il suo culto è diffuso principalmente nelle Marche, dove due comuni portano il suo nome (Sant’Elpidio a Mare e Porto Sant’Elpidio).

E proprio il suo nome, che deriva dal greco Elpidios (da elpis, «speranza») ha perciò un grande significato perché può essere tradotto come «pieno di speranza». L’eremita il cui nome evoca la speranza visse all’insegna di un rigoroso ascetismo seguendo così le vie della perfezione.

Santo di oggi 2 settembre: Sant’Elpidio

Non ci sono molte informazioni circa la vita di questo santo, e le poche notizie che si hanno si devono ad un discepolo di San Giovanni Crisostomo. Si tratta del monaco e vescovo Palladio di Galazia (c. 363-420), il quale scrisse la Storia Lausiaca e in questo testo fa riferimento ad Elpidio.

Si apprende pertanto che il Santo era originario della Cappadocia dove visse per circa 25 anni come anacoreta. Si era stabilito in alcune grotte nei pressi di Gerico per dedicarsi interamente alla contemplazione di Dio. Era insigne per l’autodisciplina che praticava e rappresentava un esempio per chi, come Palladio, lo aveva conosciuto.

Si narra un episodio che testimonia, appunto, la grande autodisciplina che caratterizzava Sant’Elpidio. Una notte, mentre si trovava in compagnia di alcuni anacoreti, tra cui anche il Palladio, fu punto da uno scorpione mentre stava salmodiando. Nonostante l’animale gli avesse inevitabilmente procurato un dolore fisico evidente, lui non si scompose più di tanto e si limitò a calpestare l’animale per poter continuare a cantare lodi al Signore mantenendosi sempre dritto in piedi.

La via cenobitica per la perfezione

Lo stile di vita eremitico che Sant’Elpidio praticò per un certo tempo fu interrotto dalla presenza di altri anacoreti con cui intraprese un sistema cenobitico. Lo raggiunsero Ennesio e il fratello Eustasio, ed anche un discepolo di nome Sisinnio.

Stando al racconto che ne fa Palladio nella sua opera, Sant’Elpidio morì in una delle grotte presso Gerico in cui aveva vissuto. Ci sono racconti secondo cui per un periodo lasciò quella terra per giungere in Italia e intraprendere una missione evangelizzatrice nella zona del Piceno. 

La vita cenobitica, del cui stile l’iniziatore era stato San Pacomio, con la fondazione presso il Nilo dei primi conventi di uomini e donne nella Tebaide, fu ripresa da Sant’Elpidio che divenne l’abate del suo monastero. La vita austera che conduceva comprendeva la pratica penitenziale di molti digiuni. Si dice che mangiasse così poco da prendere il cibo soltanto per due volte a settimana e digiunando il resto del tempo. Pregava di giorno e anche di notte, dormendo poco e alzandosi per salmodiare.

A testimonianza del fatto che quasi sicuramente si era trasferito lì c’è il ritrovamento di alcune delle sue reliquie che din dal primo millennio sono state rinvenute nelle Marche. Attualmente sono conservate all’interno di un sacrofago romano realizzato in marmo pario. Il monumento risale al IV secolo e si trova oggi dentro la chiesa a lui dedicata e intitolata nel comune di Sant’Elpidio a mare, che pure porta il suo nome in suo onore.

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