La storia che segue, relativa alla “visione delle cose” di un bambino ancora nel grembo della madre, non ha una provenienza precisa; è attribuita a molti autori ed è emblematica di come spesso avvengano certi nostri ragionamenti: privi di fede vera in ciò che non è tangibile, lontani dal riconoscere il nostro limite esistenziale e comprenderlo.
Che bello sarebbe se ci riconoscessimo piccoli ed elementari, come i protagonisti di questa storia, e se ci abbandonassimo serenamente al pensiero che qualcuno, al sopra di noi, al di la delle nostre intuizioni umane, ci sorveglia, si prende cura di noi, ci giuda, ci ama come non potremmo immaginare e … ci aspetta a braccia aperte.
Nell’utero materno ci sono due bambini. Il primo chiede all’altro: “Credi nella vita dopo il parto?”.
L’altro risponde: “Sicuramente. Dev’esserci qualcosa dopo il parto. Forse siamo qui per prepararci a quello che arriverà in seguito”.
Il bambino dubbioso ride. “È assurdo! Camminare è impossibile. E mangiare con la bocca? Ridicolo! E’ il cordone ombelicale che fornisce il cibo. La vita dopo il parto è da escludere. Il cordone ombelicale è troppo corto”.
Il secondo bambino mantiene la sua posizione. “Penso che ci sia qualcosa e forse è diverso da quello che viviamo qui”.
Il primo replica: “Nessuno è mai tornato da lì. Il parto è la fine della vita e nel post-parto non c’è altro che oscurità e ansia e non ci porta da nessuna parte”.
Il secondo bambino cerca di spiegare in modo calmo e paziente:“È intorno a noi. Noi viviamo in lei. Senza di lei non ci sarebbe questo mondo”.
“Non la vedo, per cui è logico pensare che non esista”.
“A volte, quando sei in silenzio, riesci a sentirla, la puoi percepire. Credo che ci sia una realtà dopo il parto e che siamo qui per prepararci a quella realtà, quando arriverà”.
Antonella Sanicanti
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