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Opinioni e Approfondimenti

18 luglio, l’Incendio di Roma: Nerone e la montatura contro i cristiani

Risale alla notte tra il 18 e il 19 luglio del 64 il grande incendio che colpì la città di Roma. Nerone, mentre decantava la caduta di una città, trovò nei cristiani il più facile bersaglio a cui addossare le colpe.

Nerone decanta la caduta di una città, durante l’incendio Roma (photo websource)

Roma: l’incendio prese vita nella zona del Circo Massimo, infuriando nella città per diversi giorni. Gli storici concordano nell’offrire un lasso di tempo che va dai 6 ai 9 giorni, per quanto riguarda la durata dell’incendio. Fu un evento drammatico: tre regioni (oggi sarebbero stati definiti quartieri) furono completamente distrutte, altre sette subirono parziali danni. I quartieri andati completamente in rovina furono quelli dell’attuale Colle Oppio, il Circo Massimo e il Palatino. A raccontarci questa triste storia è stato Tacito, nella sua opera storica Annales. A circa mezzo secolo dal disastro, lo storico evidenziò, fin da subito le incerte origini dell’incendio.

Incendio di Roma: un imperatore che decanta la caduta

Da Tacito a Svetonio, sono diverse le fonti che decantano come l’Imperatore, ai tempi dell’incendio ,non si trovasse nella città. Nerone si trovava infatti ad Anzio e si sarebbe recato in città quando le fiamme lambivano la residenza da lui stesso fatta erigere. Per di più, questo è Tacito a raccontarcelo, l’Imperatore, immediatamente, allestì delle baracche facendo arrivare viveri dai dintorni, si occupò di salvare i senzatetto, aprendo diversi monumenti con questo fine. Lo storico sostiene che tutti questi provvedimenti furono messi in atto da Nerone per “accaparrarsi il favore popolare”, scopo tuttavia non ottenuto.

Esisteva infatti una voce, nella Roma del tempo, secondo cui l’Imperatore si sarebbe messo a decantare la caduta di Troia davanti all’infuriare delle fiamme su Roma, visibili dal suo palazzo.

Svetonio e la sua opera

La scena dell’Imperatore che decanta la caduta della città viene poi raccontata non come voce popolare, ma come certamente avvenuta, dallo storico e biografo Svetonio. Quest’ultimo riporta una serie di avvenimenti riconducibili alle responsabilità dell’Imperatore. Secondo la sua opera, gli incendiari sarebbero stati i suoi servi, i cubicularios. Svetonio parla anche di “volontà dell’Imperatore di ottenere uno spazio per la sua nuova costruzione, la Domus aurea“. Sempre secondo lo storico, Nerone si curò dell’eliminazione delle macerie e dei cadaveri per poter saccheggiare tutto ciò che rimaneva tra le rovine.

I cristiani: un bersaglio semplice

L’Imperatore sapeva bene delle voci che giravano e delle accuse nei suoi confronti. Al fine di evitare di essere sospettato, avrebbe fatto ricadere la colpa sui seguaci di Cristo, un bersaglio molto semplice, perché non tutelato. In tal senso è Tacito a restituirci quanto accaduto. Nei suoi Annales, lo storico attribuisce l’accusa ai cristiani di aver provocato le fiamme al desiderio dell’Imperatore di indirizzare altrove i sospetti sulla sua persona, dando effettivamente vita alle prime persecuzioni.

Raffigurazione dell’incendio Roma (photo websource)

I cristiani del tempo furono dunque condannati, secondo le leggi romane, alla crocifissione. Tuttavia, abbiamo notizia di un’altra persecuzione dei cristiani, al tempo di Nerone. In questo caso è Svetonio a rappresentare la fonte. Questi conferma, nel Vita Neronis, XVI, che lo stesso Imperatore mandò al supplizio i cristiani, definendoli “una nuova e malefica superstizione”. Questo episodio non sembra essere per nulla collegato all’incendio. La cosa può far ben pensare alle motivazioni per cui l’Imperatore non esitò a puntare il dito.

Fabio Amicosante

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