La Madonna dello Schiavo inviò un segno tangibile e concreto agli abitanti delle terre sarde, deportati e schiavizzati dai pirati musulmani. Ancora una volta, la Vergine si mostra come la Madre che non abbandona i suoi figli.

Correva l’anno 1542 quando un gruppo di marinai e pescatori cristiani sotto l’egida del potente casato genovese dei Lomellini si insediò in Tunisia, sulla costa e sull’isolotto di Tabarka. Lo scopo della spedizione era quello di imbastire un redditizio traffico commerciale. La convivenza con gli autoctoni, inizialmente pacifica, andò scemando quando la barriera corallina cominciò a diminuire.
La violenza, il ricatto e la schiavitù ai danni della comunità cristiana diventarono la norma. I marinai a quel punto chiesero di essere rimpatriati o di essere spostati in una zona più tranquilla. Così re Carlo Emanuele III di Savoia nel 1738 li indirizzò all’isola oggi detta di San Pietro – allora invece era deserta e si chiamava isola degli Sparvieri – vicina alla costa sud-occidentale della Sardegna.
In segno di gratitudine i nuovi abitanti dell’isola eressero una statua in onore di re Carlo Emanuele III di Savoia nella piazza principale del Paese (U Pàize) che venne chiamato Carloforte sempre in onore del sovrano. La chiesa parrocchiale invece fu dedicata a San Carlo Borromeo. Il 3 settembre 1798, alle prime luci dell’alba tre navi corsare algerine assalirono il porto di Carloforte.
Il ritrovamento della statua da parte dello schiavo cristiano e le conseguenze straordinarie per un intero popolo
L’isola fu teatro di una feroce incursione dei pirati algerini che catturarono, deportarono a Tunisi e schiavizzarono circa la metà degli abitanti. Fu proprio vicino a Tunisi, sulla spiaggia di Nabeul, che la mattina del 15 novembre 1800 un giovane schiavo di nome Nicola Moretto trovò una una statua di legno di tiglio scuro. Il ragazzo aveva saputo farsi benvolere dal padrone e dunque poteva godere di una certa libertà.

La statua rinvenuta sulla spiaggia, malgrado fosse consumata dalle burrasche e corrosa dalla salsedine, ancora manteneva i lineamenti di una Madonna Immacolata. Nicola la nascose sotto il mantello e la riportò a casa senza che gli altri servitori musulmani la vedessero. Successivamente consegnò la statua lignea a don Nicolò Segni, il sacerdote che aveva seguito gli schiavi nel loro destino di prigionia.
L’immagine portò conforto e unione tra gli schiavi, dando origine al culto della Madonna dello Schiavo. Tutti videro in questo inaspettato arrivo un segno: la Madre celeste non li aveva abbandonati. Tre anni dopo, il 24 giugno 1803, gli schiavi furono riscattati da re Carlo Emanuele IV di Savoia, pronto a versare una cospicua somma di denaro per farli ritornare in Sardegna.
Anche la statua della Madonna fu portata a Carloforte. Per accoglierla fu costruita l’omonima chiesa dedicata alla Madonna dello Schiavo. Il 15 novembre di ogni anno ricorre la festa patronale, preceduta da una solenne novena. La celebrazioni religiose culminano nella sera del 15 novembre con la solenne processione del simulacro che fu incoronato il 15 novembre 1964.
Preghiera alla Madonna dello Schiavo
O Vergine Immacolata dello schiavo che, agli schiavi d’Africa, foste celeste conforto e li conduceste poi alla patria desiderata, volgete lo sguardo su noi che siamo i vostri figli. Guardate o Celeste patrona, la mollezza dei costumi tiene schiavi i nostri cuori, l’ignoranza tiene schiave le nostre intelligenze.
Siateci Voi, ancora una volta, spirituale conforto, toglieteci da questa orribile schiavitù, fateci convinti che essa è pericolosamente dannosa e otteneteci quella libertà dei figli di Dio che è pegno sicuro della nostra salvezza eterna. Noi Vi proponiamo che seguiremo la luce che emana da Voi che obbediremo alle Vostre celesti ispirazioni.
Amen.







