Oggi 13 settembre è San Giovanni Crisostomo: eccelso predicatore dal celebre soprannome

San Giovanni Crisostomo fu un grande predicatore, molto apprezzato per le sue doti di eccelso oratore tanto che fu definito con un particolare soprannome che ne esalta il carisma.

San Giovanni Crisostomo
San Giovanni Crisostomo – lalucedimaria.it

Il grande San Giovanni Crisostomo, vescovo di Costantinopoli e Dottore della Chiesa, è ricordato oggi 13 settembre. Come ci ricorda il Martirologio Romano, “per la sua sublime eloquenza merità il titolo di Crisostomo“.

Era nato ad Antiochia all’incirica nel 349 e aveva studiato retorica guidato dal celebre retore Libanio. Seguendo il metodo in uso nella sua città, il cosiddetto metodo antiocheno, che si basava su un’intepretazione alquanto letterale dei testi, studiò le Sacre Scritture.

Santo di oggi 13 settembre: San Giovanni Crisostomo

In una prima fase della vita del Santo si colloca la sua esperienza di vita eremitica. Andò a ritirarsi in una zona isolata sul monte Silpio nei pressi di Antiochia e lì visse per alcuni anni. Poi quando fece ritorno in città fu ordinato prima diacono e poi presbitero.

La sua attività pastorale aveva al centro la predicazione. Dotato di qualità di grande oratore, per questo ricevette l’appellativo di Crisostomo, che vuol dire, in greco, “bocca d’oro“. La sua predicazione verteva principalmente su questioni di carattere morale, ma tutto il suo annuncio del Vangelo si svolgeva brillantemente.

Le sue esortazioni a condurre una vita retta non trovarono accoglienza in tutti. Per questo ebbe l’ostilità dell’imperatrice Eudossia che cercò in tutti i modi di ostacolarlo anche dopo che divenne vescovo di Costantinopoli.

L’esilio e l’importanza di digiuno e preghiera

San Giovanni Crisostomo fu condannato all’esilio e dovette lasciare la sua terra fino a quando grazie al papa Innocenzo I fece ritorn, ma non a Costantinopoli bensì a Pizio nel Ponto, una piccola località in cui si ritirò dopo esser stato in Armenia.

La sua spiritualità si basava ovviamente sulla preghiera che lui considerava la “luce per l’anima“. Nelle sue omelie parlava di questo e se ne riporta una in cui chiaramente espone l’importanza della preghiera per un cristiano.

Diceva infatti: “”La preghiera, o dialogo con Dio, è un bene sommo. È, infatti, una comunione intima con Dio. Come gli occhi del corpo vedendo la luce ne sono rischiarati, così anche l’anima che è tesa verso Dio viene illuminata dalla luce ineffabile della preghiera. Deve essere, però, una preghiera non fatta per abitudine, ma che proceda dal cuore. Non deve essere circoscritta a determinati tempi ed ore, ma fiorire continuamente, giorno e notte“.

Alla preghiera affiancava anche un’intensa attività penitenziale fatta di rinunce e digiuni. Affermava che “la preghiera bussa e il digiuno ottiene” in riferimento alle grazie chieste e a quelle che il Signore ci concede anche se non gliele chiediamo, ma quando antemponiamo la Sua volontà alla nostra. Il digiuno, a questo scopo, serve a fortificare la nostra volontà di abbandono a Dio e quindi è un ottimo strumento nel percorso di fede.

Il Santo scrisse trattati e opere di esegesi delle Sacre Scritture oltre ai testi delle sue numerose omelie. Agiva per la gloria di Dio e lo fece fino alle sue ultime azioni. Morì il 14 settembre 407 mentre era in viaggio e si trovava a Comana sul Mar Nero. Fino ai tempi della Quarta Crociata le sue spoglie mortali riposarono a Costantinopoli, poi furono trasportate in Vaticano e tuttora si trovano nella Basilica di San Pietro.

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