Il vincolo del segreto nel confessionale . Nulla può essere rivelato….

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Caro Padre Angelo,

potrebbe parlarmi del segreto confessionale? Esistono casi in cui può essere violato? Se sì, quali?
Ringraziandola anticipatamente per la disponibilità, porgo cordiali saluti
Mari

Risposta del sacerdote

1. il segreto confessionale viene chiamato dalla Chiesa sigillo sacramentale.

Con quest’espressione s’intende l’obbligo strettissimo di custodire sotto segreto tutto ciò che il penitente dichiara nella confessione o in ordine ad essa, la cui rivelazione sia capace di manifestare il peccato e il peccatore,
Viene detto sigillo in senso metaforico, dal sigillo con cui in antico si segnavano le lettere che dovevano rimanere segrete.

2. Quanto il sacerdote viene a sapere in ordine alla confessione (accusa dei peccati ed emendazione della vita) non può essere rivelato a nessuno, per nessun motivo.

Al massimo il confessore potrà chiedere consiglio ad un altro confessore su come comportarsi in determinati casi, ma non può mai rivelare il penitente né i peccati che questi ha accusato.

In ogni caso deve cautelarsi che nulla possa trapelare direttamente o indirettamente.

Nessuno, né l’autorità civile né quella della Chiesa, può chiamare in giudizio il confessore e chiedergli di rivelare quanto ha saputo in confessione o in ordine ad essa.

Questi è tenuto al segreto con la disposizione d’animo di dare piuttosto la vita che violare anche solo parzialmente quanto è venuto a sapere.

3. I motivi che suffragano questo segreto sono essenzialmente tre.

Il primo e più forte, secondo San Tommaso, è il seguente: “Il sacerdote è a conoscenza di quei peccati non come uomo, ma come Dio” (Somma teologica, Suppl., 11, 1, ad 2).

Sicché a chi gli chiede qualche cosa inerente all’accusa dei peccati di una persona deve rispondere che non sa niente. Perché mentre tutte le altre conoscenze le acquisisce in quanto uomo, qui invece le acquisisce in quanto è ministro di Dio, anzi, in quanto agisce in persona Christi, identificandosi con Cristo Dio.

Questo obbligo deriva dalla natura stessa del sacramento e pertanto è di istituzione divina, di diritto divino: “Il precetto di custodire il segreto di confessione è implicito nel sacramento stesso. Perciò come è di legge divina l’obbligo di fare la confessione, e non si può esserne dispensati da nessuna licenza o comando umano, così nessuno può essere obbligato o autorizzato da un uomo a svelare la confessione.

Se quindi uno venisse comandato sotto la minaccia della scomunica di dire se è a conoscenza di quel dato peccato, non deve parlare: perché deve pensare che gli venga comandato sotto la condizione: se ne è a conoscenza come uomo.

E anche se venisse espressamente interrogato circa la confessione, non deve parlare. Né per questo incorrerebbe la scomunica, non essendo egli soggetto al superiore se non come uomo; ora, egli è a conoscenza di quei peccati non come uomo, bensì come Dio” (Ib., ad 2).

“Perciò, senza pregiudizio per la coscienza un confessore può giurare di non sapere quello che sa solo come Dio” (Ib., ad 3).

4. Il secondo motivo è inerente alla natura di questo sacramento.

La parola sacramento significa segno sacro.

Ora qui nella confessione il comportamento del sacerdote è segno sacro del comportamento di Dio, di cui è ministro. E come Dio getta dietro le sue spalle i peccati di cui gli domanda perdono, così fa anche il sacerdote.

Ecco le parole precise di S. Tommaso: “Nei sacramenti gli atti che si compiono esternamente stanno a significare quelli che si compiono interiormente. Perciò la confessione con la quale uno si sottopone al sacerdote è il segno di quella interiore con la quale si assoggetta a Dio. Ora Dio ricopre il peccato di chi a lui si assoggetta con la penitenza. Quindi ciò va significato nel sacramento della penitenza. Ecco perché è necessario che la confessione rimanga segreta e perché pecca come profanatore del sacramento chi rivela la confessione” (Somma teologica, Suppl., 11, 1).

5. Il terzo motivo: dal momento che i sacramenti sono stato istituiti a vantaggio degli uomini (sacramenta sun propter homines), proprio perché c’è il segreto sacramentale “gli uomini vengono attirati maggiormente alla confessione e confessano con maggiore semplicità i loro peccati” (Ib.).

6. Desidero ricordare anche che la violazione diretta del segreto sacramentale è peccato gravissimo e non ammette parvità di materia.

Vi è annessa per il confessore anche una scomunica riservata al Papa (can. 1388,1).
Per farsela togliere è necessario ricorrere al Sommo Pontefice, il quale agisce attraverso il tribunale della Penitenzieria apostolica, presieduto da un cardinale.

Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.

Padre Angelo

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