“Fare il prete nella terra di Confucio”, il libro che racconta il cattolicesimo in Cina

Recentemente è uscito nelle librerie un libro che sintetizza la storia della Chiesa Cattolica in Cina e lo fa attraverso la vita di vescovi e sacerdoti che hanno portato il messaggio di Cristo tra mille avversità. Il testo in questione s’intitola ‘Vescovi nella terra di Confucio’ e si tratta per lo più di una lista di necrologi riguardanti le figure cattoliche più importanti che hanno vissuto in Cina. Ai necrologi, strumento di racconto delle vicissitudini della fede cattolica in Cina, si aggiunge la lettera di Benedetto XVI ‘Lettera ai vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica popolare cinese’ del 2007 ed una lista dei Vescovi ancora in vita.

Il libro, edito dalla Libreria Editrice Vaticana e curato da Gianni Cardinale, rappresenta in un certo senso un prosieguo della politica vaticana sulla diocesi Cinese: dopo l’approdo al potere di Mao Zedong e l’istituzione della repubblica popolare cinese (1949) ci fu una rottura tra il governo asiatico e la Santa Sede che portò il Vaticano ad ignorare tutto ciò che capitava da quelle parti, persino la morte di Vescovi (ufficiali e non). La decisione di oscurare ciò che accadeva in Cina non cambiò nemmeno quando Deng Xiao Ping giunse al potere e deliberò per un’apertura nei confronti della Chiesa Cattolica e delle altre confessioni. Questa linea politica è cambiata alla morte di Michele Huang Woze, vescovo di Nanchong morto a 99 anni, il 22 marzo del 2004.

Quale che sia il motivo di un simile cambio di rotta, da quel momento in poi sia ‘L’Osservatore Romano’ che il Vaticano non hanno mai mancato di pubblicare i necrologi dei sacerdoti e dei vescovi cattolici caduti in terra cinese. L’importanza di questi necrologi è presto detta, non si trattava di semplici elogi funebri, ma di pezzi di storia della chiesa in quella terra lontana, sia che si trattasse di esempi di santità che di cadute della fede. Dunque attraverso le storie di questi presuli si ha uno spaccato della storia cinese che va dalle prime nomine di sacerdoti autoctoni del 1926 (officiate da Pio XI) a quelle dei primi vescovi illegittimi del 1958, dal periodo buio della rivoluzione culturale (1966-1976) alle aperture di Deng Xiao Ping degli anni ’80.

Dai necrologi sarà possibile capire le difficoltà che questi hanno incontrato, molti di loro hanno vissuto lunghi periodi di prigionia (anche 30 anni), seguiti da periodi di “riabilitazione”, lavori forzati ed umilianti in alcuni casi, o l’abiura della fede con conseguente cambio di stile di vita. Tra tutti questi uomini di chiesa, ne vengono sottolineati tre per via della loro condotta esemplare che gli ha permesso infine di esercitare il loro ministero: Antonio Li’ Duan, Aloysius Jin Luxian e Giuseppe Fan Zhongliang.

Li ‘Duan, scomparso nel 2006, era un vescovo riconosciuto sia dal governo che dalla Santa Sede che negli anni di episcopato non ha mai abbandonato la fede ed ha sempre cercato di dialogare con tutti per creare dei ponti che potessero permettere il fiorire del cattolicesimo. Jin Luxian invece, scomparso nel 2013, ha vissuto un esistenza più complicata: imprigionato per via della sua fede per ben 27 anni, è stato perdonato e eletto illecitamente vescovo nel 1985; per anni ha esercitato di nascosto fino al riconoscimento ufficiale avvenuto 15 anni dopo. Infine il gesuita Fan Zhonglian, che è considerato uno dei pilastri del cattolicesimo in Cina, ordinato ufficialmente ha operato sempre in clandestinità, fino alla morte giunta nel 2014.

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