Perchè nella sofferenza bisogna affidarsi a Dio

Tempo addietro vi abbiamo parlato di una professoressa di religione che quasi per caso ha trovato uno strumento di connessione con i suoi studenti e di seguito la passione per la filantropia. Questa buona samaritana è anche colei che gestisce il blog ‘In te mi rifugio’, titolo del suo libro auto biografico in cui racconta come è giunta a tale professione e che raccoglie alcune delle lettere più significative scritte dai suoi alunni con relative risposte.

 

Che conosciate o meno la sua storia ha poca importanza perché quello che conta davvero è come questa persona riesca a dare fiducia a persone che l’hanno persa, il tutto riconducendole a Dio. Particolarmente interessante la risposta (in questo caso pubblica) che ha dato ad una lettrice che viveva un momento difficile. La donna soffriva troppo, molte persone care attorno a lei sono scomparse ed il figlio piccolo, un bambino di pochi anni, aveva problemi di salute grave, questo ha fatto vacillare la sua fede: “Mi accorgo di non avere fiducia a sufficienza per andare avanti e questo mi spaventa ancora di più perché mi fa capire che la mia fede vacilla e senza quella io sono finita”, quindi le chiede come può fare a ritrovare la fede.

 

La professoressa risponde motivando la pubblicazione del quesito: “sono infatti convinta che sia più utile condividere le nostre debolezze che non i nostri successi”, in questo modo fa capire alla lettrice che non si deve sentire sola perché molte altre persone si trovano nella sua condizione e chiedono un appiglio per credere ancora.

 

Continuando sulla condivisione spiega alla donna che nella vita “Lottiamo per arrivare primi”, il che, spiega, non significa che facciamo a gara con gli altri per avere un premio: “ L’obiettivo del nostro camminare è la vittoria, la meta, il podio, e proprio il primo posto del podio! Un primo posto “personalizzato”, fatto apposta per noi, che non si conquista quindi sbaragliando gli altri, ma vincendo i nemici che sono dentro di noi”. Con queste frasi la professoressa fa capire come ognuno vive le sue lotte, che ognuna di questa è importante, ma che l’unico modo di arrivare a quel ”Podio” è non lasciarsi sormontare dalla disperazione.

 

Il dolore e l’angoscia per una perdita sono armi potenti che si insinuano dentro l’anima e la squarciano, ma questo, aggiunge la professoressa, non deve essere il momento in cui abbandoniamo la fede, bensì quello in cui la rafforziamo, per farlo basta affidarsi a Dio e lui ci consiglierà il modo migliore per superare la crisi. Per rafforzare questo messaggio la professoressa cita alcune frasi tratte dalla Bibbia ed alcune appartenenti alla vita dei Santi, ecco le più significative accompagnate dal suo commento:

 

“In quei momenti (la cui durata varia) c’è un parola che dobbiamo tenere sempre a mente: “Quando sono debole è allora che sono forte”.(2 Cor 12)

In quella frase intuisco che Dio è misteriosamente vicino ad ogni nostra lacrima, per darle un valore di forza futura.

Ogni notte insonne passata a cercare il Padre disperatamente, ci fa appartenere ancora di più a Lui, inondando il prato della nostra anima di semi divini che fioriranno. Anzi: stanno già fiorendo.

Ogni preghiera arrabbiata e dolorante che gli facciamo, rinnova in noi l’antica scelta di Giobbe di ribellarsi a Dio dicendo con le labbra “Maledetto il giorno…” ma sussurrando con il cuore “Ti prego, non mi lasciare””

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