Cominciano i lavori per il sinodo sui giovani del 2018, voluto dal Papa

 

In questi giorni fervono i preparativi per il prossimo sinodo, quello rivolto ai giovani previsto già per l’ottobre del 2018 e che è stato presentato da una lettera firmata dal Papa lo scorso gennaio, insieme ad un documento preparatorio intitolato ‘I giovani, la fede e il discernimento vocazionale’ ed ad un questionario rivolto ai cardinali che serve da strumento per la successiva redazione del documento sinodale completo.

Da quel poco che il documento riporta ci si rivolge dunque ai giovani, non viene chiaramente presentata un analisi completa della società a venire, ma evidenziata la presenza di alcune difficoltà di approccio e nel coinvolgimento di questi da parte della Chiesa, viene sottolineato, però, come queste difficoltà non siano insuperabili, data la natura ricettiva ed aperta dei giovani sempre pronti a cogliere: “Quei segni del nostro tempo che lo Spirito addita e le alternative che mostrano come il mondo o la Chiesa potrebbero essere”.

Chiaramente l’analisi sui giovani parte da una riflessione su fede e vocazione, il compito di ogni sacerdote è quello di farla maturare attraverso il discernimento e condurla a pieno compimento con l’adeguato accompagnamento spirituale. Questi compiti sono alla base della missione spirituale di ogni sacerdote dall’inizio della Chiesa Cattolica, ma quali sono le avversità al compito che si presentano al giorno d’oggi? In cosa sono può migliorare la Chiesa? A quali giovani ci si riferisce?

L’idea di base del sinodo è quella perpetrata dalla Chiesa sin dai tempi del Concilio Vaticano II, ovvero di un apertura alla società moderna, all’osservazione e all’interpretazione dei tempi. I giovani a cui ci si riferisce non sono certamente quelli che frequentano la Messa con assiduità e che sono già coinvolti nel progetto divino, bensì quelli, la maggior parte purtroppo, che non sentono la chiamata della fede e non vendono nella chiesa una guida affidabile.

Si punta, quindi, ad un approccio diverso che possa invogliare i giovani a tornare in Chiesa e riporre in Dio il loro futuro. C’è chi ha visto in questo un segno di abbandono nei confronti di chi, giovani compresi, non ha problemi ad interfacciarsi con il linguaggio tradizionale, chi vede nella chiesa un punto di riferimento, chi pensa che i compromessi non vadano fatti. Di sicuro la pensa così chi ha parlato del sinodo per ‘Il Timone’ che sulla mancanza d’attenzione per i giovani religiosi e tradizionalisti scrive:

“Dunque a fronte di questi giovani non è il caso di inventare linguaggi nuovi, uscire dagli schemi, abbattere rigidità. E invece quale è l’opzione del nostro Documento? Il silenzio: questi giovani non ci sono. Ma siccome il fenomeno ha una sua diffusione e preoccupa con diversa intensità alcuni vescovi, rettori di seminari, superiori e formatori religiosi ecc., non si può pensare che si tratti di una dimenticanza dell’estensore. Per cui la vera scelta verso costoro non è: «Silenzio: non esistono»; ma: «Silenzio: Non devono esistere»”.

L’articolo in questione pone un accetto smaccato sull’assenza dei giovani già dotati di fede, ma lo fa per creare un contraddittorio su un documento che ancora è in fieri e che è pensato per attrarre anche chi non si riconosce nel linguaggio tradizionale della liturgia ecclesiastica e questo perché la Chiesa è di tutti ed ha il dovere di fare comprendere l’importanza del proprio messaggio anche a chi parla un altro linguaggio.

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